Al primo posto sul panorama mondiale tra le cause di cancro, il tumore al seno, mostra una costante e fiduciosa tendenza alla riduzione della sua mortalità (-6% negli ultimi 5 anni).
Questo trend favorevole è prevalentemente attribuibile alla maggiore diffusione dei programmi di prevenzione, di diagnosi precoce attraverso lo screening mammografico e ai progressi in campo terapeutico che hanno permesso un aumento della sopravvivenza per le donne, ma anche per gli uomini, affetti da tumore mammario. Attualmente in Italia l’87% dei pazienti risulta vivo dopo 5 anni dalla diagnosi, una delle sopravvivenze più alte registrate in Europa.
Tuttavia, nel 6-7% dei casi il tumore al seno si presenta già metastatico alla diagnosi e sono oltre 37000 le pazienti affette da questa condizione in Italia.
Se storicamente modificazioni nell’alimentazione e nello stile di vita in una fase avanzata della malattia erano considerate avere poco impatto sulla prognosi, l’incremento delle chance terapeutiche e il vantaggio significativo ottenuto in sopravvivenza hanno consentito di rivalutare il ruolo di questi due potenti strumenti in questo ambito.
In occasione della Giornata Nazionale del tumore al seno metastatico, il 13 Ottobre, scopriamo insieme come possiamo contribuire all’efficacia delle terapie oncologiche e al mantenimento della migliore qualità di vita dopo la diagnosi.
Uno studio pilota condotto negli Stati Uniti ha indagato le abitudini nutrizionali e lo stile di vita di un gruppo di donne affette da tumore al seno metastatico osservando che la maggioranza di queste fossero in sovrappeso o obese, non svolgessero attività fisica routinaria e si alimentassero prevalentemente con diete ricche di grassi e povere di fibre.
A tale proposito, un elevato BMI (Body-mass index) così come una condizione di franca obesità, associata all’assunzione di peso dopo la diagnosi, è stata associata ad una più alta mortalità per tumore mammario e ad una peggiore prognosi soprattutto dopo la menopausa.
In particolare, uno studio preclinico ha dimostrato come l’obesità contribuisse all’effetto pro-metastatico e alla progressione verso un tipo particolarmente aggressivo di tumore al seno, il sottotipo “triplo negativo”.
Il tessuto adiposo in eccesso è infatti responsabile di una condizione di infiammazione sistemica (ossia generale, di tutto il corpo) e dell’aumento di ormoni quali insulina e leptina e del fattore di crescita Insulino-simile, IGF-1, in circolo; tutte alterazioni metaboliche e pro-angiogeniche, ossia che hanno la capacità di formare nuovi vasi sanguigni per la diffusione del tumore, che possono alimentare la proliferazione delle cellule cancerose.
Al contrario, un’alimentazione ricca di fibre e caratterizzata da verdura, cereali integrali, legumi, pesce, frutta ed a basso contenuto di quei grassi dannosi per il nostro organismo è nota per il suo ruolo protettivo e per essere correlata, anche se modicamente, con una prognosi migliore.
L’utilizzo di integratori a base di antiossidanti durante la chemioterapia e la radioterapia dovrebbe invece essere scoraggiato a causa della possibilità di incentivare la refrattarietà delle cellule tumorali alle cure oncologiche.
Concludendo, se un tempo “chiudere la stalla quando i buoi erano scappati” era considerato poco utile tradotto in questo setting di patologia, oggi sappiamo che la dieta e lo stile di vita possono contribuire attivamente al giogo delle cure oncologiche standard.
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