In che modo la dieta mima digiuno può aiutare a ridurre il rischio di malattie cardiometaboliche?

Ci sono numerosi fattori che possono aumentare le possibilità di sviluppare malattie cardiache. Sebbene alcuni di questi fattori non possano essere modificati, come età, etnia e genetica, la buona notizia è che si possono controllare molti altri fattori di rischio modificabili.

Nonostante la consolidata associazione tra cattive abitudini alimentari e un aumentato rischio di disturbi cardiovascolari e metabolici, gli esperti sono alla ricerca di interventi meno invasivi basati sulla nutrizione per agire sulle vie molecolari che producono gli impatti negativi sulla salute.

Un nuovo studio pubblicato su Nutrients mirava a indagare se la dieta mima digiuno di 5 giorni (dmd) influenzi il livello plasmatico di un metabolita in particolare, i cui livelli elevati sono associati ad un aumentato rischio di malattie cardiometaboliche in individui sani. Tale metabolita è chiamato Trimetilammina N-ossido (TMAO), e deriva dal microbiota intestinale, in quanto viene prodotto negli organismi ospiti della flora intestinale a partire da specifici costituenti alimentari, come i prodotti di origine animale. Inoltre, i cambiamenti nel metabolismo del colesterolo e degli acidi biliari e l’attivazione delle vie infiammatorie, sono meccanismi collegati alla promozione dei depositi di grasso nelle arterie da parte del TMAO.

Nello studio, sono stati confrontati due gruppi: uno a cui è stata sottoposta una dmd di 5 giorni e un altro con una dieta regolare, ma con un maggiore apporto di verdure per 5 giorni. L’obiettivo era di confrontare gli effetti di una dieta regolare con un aumento dell’assunzione di verdure e una dmd sui livelli di TMAO e sui marcatori metabolici come i livelli di glucosio a digiuno e i trigliceridi. I risultati hanno mostrato che il gruppo con dmd di 5 giorni ha mostrato una diminuzione più significativa di TMAO, livelli di glucosio a digiuno e livelli di peptide C rispetto al gruppo dietetico ad alto apporto di verdure. Questi risultati nel gruppo della dmd hanno contribuito inoltre a migliorare la sensibilità all’insulina.

Quali sono le novità di questo studio?

Lo studio ha mostrato che la dmd potrebbe potenzialmente essere una strategia praticabile per ridurre i livelli plasmatici di TMAO, che è un biomarcatore di rischio per le malattie cardiovascolari e metaboliche derivato dalla dieta. Inoltre, gli autori dello studio hanno suggerito che questa riduzione del TMAO insieme al miglioramento dei livelli di glucosio a digiuno e dello stato metabolico generale negli individui sani si ottiene limitando l’apporto calorico e il consumo di proteine di origine animale, caratteristico della dmd, piuttosto che una maggiore assunzione di verdure. Allo stesso modo, nel 2017, Wei et al., hanno suggerito che i pazienti sottoposti a dmd, rispetto a quelli con una dieta senza restrizioni, hanno mostrato un potenziale beneficio nell’abbassare alcuni marcatori metabolici come il glucosio a digiuno, i trigliceridi e le lipoproteine a bassa densità. Ciò indica, pertanto, che viene ridotto anche il rischio di sviluppare malattie correlate, avvalorando il valore della dmd, soprattutto per le persone ad alto rischio di sviluppare malattie cardiache.

Fonti:

Videja M, Sevostjanovs E, Upmale-Engela S, Liepinsh E, Konrade I, Dambrova M. Fasting-Mimicking Diet Reduces Trimethylamine N-Oxide Levels and Improves Serum Biochemical Parameters in Healthy Volunteers. Nutrients. 2022;14(5):1093. Published 2022 Mar 5. doi:10.3390/nu14051093

 

GIORNATA MONDIALE DELL’AMBIENTE: PICCOLI CAMBIAMENTI PER GRANDI TRASFORMAZIONI

ESSERE CONSAPEVOLI DELL’IMPATTO DELL’ALIMENTAZIONE E DELLO STILE DI VITA SULL’AMBIENTE

Un elemento che dovrebbe essere centrale al dibattito riguardo la sostenibilità ambientale è la trasformazione ed efficientamento dei sistemi alimentari come li conosciamo oggi, necessaria alla salvaguardia della salute umana e del pianeta per le generazioni a venire. In particolare, l’efficientamento dei sistemi di produzione e distribuzione del cibo è centrale al raggiungimento di molti tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’agenda ONU per il 2030. 

CAMBIAMENTI A LIVELLO GLOBALE POSSONO SALVARE LA TERRA

Lo sfruttamento intensivo delle terre coltivabili (che arriva a ben il 72% delle terre emerse), attuato per nutrire una domanda crescente di beni alimentari (e, purtroppo, massicci sprechi), da un lato ha permesso alla popolazione mondiale di quadruplicare in un secolo (passando da 1,9 nel 1920 a 7,7 miliardi nel 2020) , ma con numerose conseguenze negative per l’ambiente. Tra queste spiccano l’aumento dei gas serra a causa della deforestazione, la diminuzione della biodiversità e fenomeni di erosione e impoverimento del suolo, fino alla desertificazione di intere zone. Questi gravi problemi possono essere evitati tramite l’utilizzo di tecniche agronomiche e zootecniche sostenibili e non intensive. Va inoltre ricordato che la maggior parte del suolo coltivabile, oltre il 60% in Europa, è impiegato per la produzione di foraggio per l’allevamento. Urge dunque fare un’inversione di rotta nei processi di produzione e consumo alimentare, per ridurre fino a 6 miliardi di tonnellate ogni anno le emissioni di CO2.

L’attuale sistema alimentare (tutta la filiera, dalla produzione al consumo di cibo) genera circa il 30% di tutte le emissioni di gas serra da parte dell’uomo, e sta portando a ondate di calore che hanno comportato l’innalzamento delle temperature a ben 1,2 C° in più rispetto ai livelli registrati in età preindustriale. Gli esperti lanciano un allarme: superare 1,5 C° porterebbe a sovvertimenti del clima ancora più gravi di quelli attuali. Spronare un cambiamento nei sistemi alimentari nell’ottica di salvare il nostro pianeta e avere una popolazione più sana dovrebbe dunque essere anche un obiettivo a livello politico.

Se un intervento globale a livello politico rimane imperativo al fine di cambiare l’industria alimentare, individualmente possiamo contribuire modificando le nostre abitudini a tavola. La dieta è infatti un elemento importante per salvare il pianeta, come indica il report realizzato dalla Eat-Lancet Commission on Food, Planet, and Health pubblicato su una delle più importanti riviste mediche al mondo, Lancet. Il report è stato realizzato nel 2019 da 37 scienziati provenienti da 16 paesi, con lo scopo di definire su rigorose basi scientifiche alcune diete sane (“Planetary Healthy Diets”) per l’uomo e per il pianeta e sostenibili in termini di produzione e anche di consumo del cibo.

Cosa si intende per dieta planetaria sana? Ad esempio, un consumo limitato o assente di carne, soprattutto rossa, e latticini, una riduzione degli zuccheri e, al contrario, un’attenzione nei confronti di noci, verdura, frutta, cereali integrali, proteine vegetali e grassi non saturi che possono avere, come precedentemente indicato, un impatto positivo sulla salute propria e dell’ambiente. Queste linee guida generali e la flessibilità ed adattabilità delle diete, oltre che il rispetto per la salute e l’ambiente, sono elementi che accomunano la Dieta della Longevità e la Dieta Sana Planetaria delineata da Lancet. Anche l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il comitato scientifico dell’ONU, ha evidenziato la necessità di orientare la dieta verso un regime alimentare a base vegetale tramite il report “Climate Change and Land” (Cambiamento climatico e territorio) diffuso ad agosto 2019.

Si stima invece che, se la popolazione globale facesse scelte alimentari più responsabili, grazie all’implementazione di tecniche avanzate quali l’agricoltura di precisione e un minimo utilizzo di acqua, il sistema di produzione globale sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno calorico dell’intera popolazione, anche in caso di un prospettivo aumento della popolazione mondiale. Questo aspetto è particolarmente rilevante in relazione all’iniquità della redistribuzione delle risorse alimentari tra la popolazione dei paesi ad alto reddito, dove, secondo i dati dell’OMS risalenti al 2016, 2,5 persone su 10 sono sovrappeso (circa 2 miliardi in tutto il mondo, di cui 650 mila obesi), e quella dei paesi poveri, in cui 1 persona su 10 soffre di denutrizione (più di 820 milioni al mondo).

 STILE DI VITA ED AMBIENTE

Dopo l’industria dei combustibili fossili e quella della produzione alimentare, il trasporto motorizzato è tra i fattori maggiormente inquinanti al mondo e, per ridurre i gas serra, è dunque necessario modificare drasticamente i nostri spostamenti. Questo è suggerito da uno studio promosso dall’UE e pubblicato sulla rivista Global Environmental Change (2021). Sostenuto dal progetto PASTA e finanziato dall’UE, lo studio ha analizzato sette città europee: Anversa (Belgio), Barcellona (Spagna), Londra (Regno Unito), Orebro (Svezia), Roma (Italia), Vienna (Austria) e Zurigo (Svizzera). La ricerca dimostra che le emissioni personali di carbonio nelle città possono essere significativamente ridotte fino a un quarto semplicemente sostituendo un viaggio in auto con uno a piedi, in bicicletta o in bicicletta elettrica. In conclusione, mangiare e vivere in maniera sana e sostenibile, camminare e muoversi a piedi sono alcune abitudini che potremmo adottare per offrire il nostro contributo all’ambiente e alla sua salute, oltre che a beneficiare la nostra.

FONTI

SIAMO CIÒ CHE MANGIAMO

di Corinna Montana Lampo

“Siamo ciò che mangiamo” diceva il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach e, prima di lui, Ippocrate enunciava così: “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo“. Era già chiaro come l’alimentazione possa influire sulla nostra salute. Il cibo è il nostro “carburante”, se lo scegliamo “buono” con cura e attenzione in ottica salutista, avremo effetti benefici, viceversa se optiamo per junk food, rischiamo di compromettere la nostra salute. Ecco perché è così importante seguire un’alimentazione sana.

COME IL CIBO INFLUISCE SULLA NOSTRA SALUTE

Ogni alimento ingerito può influenzare la nostra salute e anche il nostro aspetto fisico. Siamo abituati a pensare al cibo connesso a stomaco e digestione, come pure a collegarlo all’intestino. Il cibo, però, influisce anche su altri processi fisiologici. Oltre a influire su metabolismo e peso corporeo, il modo in cui ci nutriamo può avere diversi effetti. Gli alimenti, infatti, possono determinare la qualità del sonno, oppure influire sulla fertilità e addirittura farci ammalare, inducendo l’insorgere di un tumore o altre patologie. In caso di cattiva alimentazione, anche il cervello può pagarne le conseguenze usando, al posto del glucosio, come fonte di energia corpi chetonici (sostanze dannose per l’organismo se la loro produzione è protratta nel tempo).

QUALI SONO I NUTRIENTI ESSENZIALI

 Per potersi nutrire in modo sano e garantirci il benessere, è anche necessario conoscere i principali nutrienti, ovvero le sostanze indispensabili all’organismo che si trovano del cibo. Innanzitutto, distinguiamo tra macronutrienti e micronutrienti: i primi sono assunti in quantità maggiori e i secondi in dosi più contenute. I macronutrienti sono carboidrati, proteine, grassi, fibre e acqua. I micronutrienti sono minerali e vitamine.

I carboidrati (o glucidi) rappresentano la nostra fonte di energia. Si trovano nella maggior parte degli alimenti, sotto forma di carboidrati semplici o complessi. Zucchero, fruttosio e miele sono carboidrati semplici (zuccheri) più facilmente assimilabili; li troviamo nei dolci, nella frutta, nei succhi di frutta e nelle bibite gasate. I carboidrati complessi (amidi) per essere assorbiti devono essere prima scissi in zuccheri semplici; li troviamo in verdure, legumi e cereali integrali.

Le proteine svolgono diverse funzioni. Alcune formano la struttura di cellule e tessuti, tra cui i muscoli. Altre regolano il corretto funzionamento dell’organismo, come precursori di ormoni e neurotrasmettitori. Alcune partecipano al metabolismo energetico, convertite in glucosio come fonte di energia. Altre ancora hanno una funzione di difesa nel sistema immunitario. Sono presenti in prodotti animali e vegetali; vengono scisse nello stomaco per essere assimilate sotto forma di amminoacidi.

I grassi (o lipidi) sono la nostra maggiore fonte di riserva energetica. Inoltre, svolgono anche un ruolo fondamentale in molte funzioni e strutture cellulari. Assimilati dall’organismo sotto forma di trigliceridi. Distinguiamo tra grassi saturi (derivanti da prodotti animali, come il grasso della carne e il burro) e insaturi. Suddivisi ulteriormente in monoinsaturi (come l’acido oleico dell’olio d’oliva) e polinsaturi (dell’olio di mais e nei pesci azzurri). Tra questi ultimi troviamo gli acidi grassi essenziali, omega 3 e 6.

Vitamine e sali minerali (i micronutrienti) sono indispensabili per la nostra salute. Calcio e vitamina D fanno bene alle ossa. Lo zinco è utile per il sistema immunitario. La vitamina C è fondamentale per le cellule. Le vitamine del gruppo B rivestono importanti funzioni. I micronutrienti si trovano principalmente in verdura e frutta di stagione, cereali integrali, frutta a guscio e pesce. Da qui l’importanza di un’alimentazione variegata.

COME ALIMENTARSI IN MODO SANO

La soluzione è scegliere i nutrienti giusti, ovvero quelli che ci garantiscono di rimanere in salute e, proprio per questo, anche di vivere più a lungo. Limitando e/o eliminando l’assunzione di sostanze che, invece, possono farci ammalare, senza però rinunciare al gusto di mangiare. Il cibo deve pur sempre essere un piacere, poiché l’aspetto psicologico riveste un ruolo di primaria importanza nel nostro benessere generale.

FONTI

  1. Valter Longo, La dieta della longevità, Vallardi Editore 2016

Frei B et al. – Enough Is Enough – Annals of Internal Medicine. 2014 Jun.

FRUTTA E VERDURA: SCUDO PROTETTIVO CONTRO INFARTO E ICTUS

“Una mela al giorno, leva il medico di torno” così cita il detto popolare. Per l’esattezza, sono due mele e tre porzioni di carote, la quantità di frutta e verdura da mangiare ogni giorno per proteggerci da infarto e ictus, nonché salvarci la vita. Lo rivela uno studio presentato a “Nutrition 2019” il congresso dell’American Society of Nutrition, che si svolge ogni anno a Baltimora (USA). L’indagine, portata avanti da un gruppo di ricercatori della Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University di Boston, fa parte di un progetto più grande: il “Global Dietary Database” finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation.

 

COME EVITARE QUASI 3 MILIONI DI MORTI ALL’ANNO

Il dato di partenza, riferito al 2010, è che uno scarso consumo di frutta e verdura provoca ogni anno oltre 2,8 milioni di morti nel mondo per malattie cardio-vascolari. Da un lato, un basso apporto di frutta ha determinato oltre 1,8 milioni di decessi, rispettivamente per ictus (1,3 milioni) e patologie coronariche (più di 520mila). Dall’altro, un basso consumo di verdura ha causato 1 milione di morti, tra ictus (200mila) e patologie coronariche (800mila). Nello specifico, mangiare poca frutta impatta più negativamente, quasi il doppio, rispetto allo scarso consumo di verdura. Inoltre, il rischio aumenta negli uomini (che molto probabilmente mangiano meno frutta e verdura rispetto alle donne) e nei giovani adulti (che dovrebbero essere esenti da episodi acuti di carattere vascolare).

 

Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno quantificato il consumo medio nazionale di frutta e verdura in 113 Paesi (che rappresentano circa l’82% della popolazione mondiale), sulla base di indagini riferite alla dieta nei vari Stati partecipanti allo studio. Le informazioni così raccolte sono state incrociate con i dati clinici sul rischio cardiovascolare collegato a un basso consumo di frutta e verdura, nonché sulle cause di morte in ogni Paese. In tal modo, si è arrivati a stimare che mangiare poca frutta determina una morte su 7, mentre uno scarso consumo di verdura porta a un decesso su 12.

 

DUE MELE AL GIORNO E TRE CIOTOLE DI CAROTE ALLUNGANO LA VITA

Sulla base di studi clinici legati al rischio cardiovascolare e a Linee Guida Dietetiche, i ricercatori hanno definito l’assunzione ottimale di frutta nell’ordine di 300 grammi al giorno, equivalenti a circa 2 mele piccole, e di verdura (compresi i legumi) di 400 grammi al giorno, che corrisponde a circa 12 carote crude (3 ciotole). Frutta, ortaggi e legumi sono fonti di elementi (potassio, magnesio, antiossidanti, fenoli e fibre) che contribuiscono a tenere sotto controllo i valori di pressione sanguigna e colesterolo. Inoltre, aiutano a migliorare qualità e benessere del microbiota intestinale. Oltre che, in generale, chi segue una dieta sana ricca di frutta e verdura ha meno probabilità di essere in sovrappeso oppure obeso, condizioni anch’esse legate all’aumento del rischio cardiovascolare. In ogni caso, gli esperti raccomandano di consumare ogni giorno la giusta quantità di frutta e legumi, nell’ottica di migliorare la salute degli individui a livello globale.

 

 

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

 

 

FONTI

PROPRIETÀ E FONTI DI FERRO

Il ferro è un minerale essenziale che svolge importanti funzioni. Il ferro è coinvolto nella sintesi dell’emoglobina, proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue. Il ferro è necessario alla formazione di altre due proteine: la mioglobina, che costituisce la struttura dei muscoli, e il collagene, con una funzione strutturale nei tessuti. Il ferro è sempre legato a specifiche proteine: emoglobina nel sangue, mioglobina nei muscoli, emosiderina nel fegato, ferritina nell’intestino etc.

 

L’IMPORTANZA DEL FERRO PER IL NOSTRO ORGANISMO

Il ferro partecipa ai processi di respirazione cellulare e costituisce la riserva di ossigeno per i muscoli, garantendone efficienza e prestazione anche sotto sforzo. L’apporto di ferro, infatti, ci fornisce energia, assicurandoci la forza necessaria a svolgere attività fisica e sport. Inoltre, il ferro è coinvolto anche nel metabolismo degli acidi nucleici e nell’attività di alcuni importanti enzimi, come gruppo prostetico.

 

Un’altra importante funzione del ferro è collegata alla sintesi di neurotrasmettitori, tra cui serotonina, dopamina e noradrenalina. Oltre ai muscoli, dunque, anche il nostro sistema nervoso ha bisogno di ferro, il cui apporto aiuta la concentrazione e favorisce l’apprendimento, oltre a essere fondamentale per garantirci un buon tono dell’umore. Infine, Il ferro ci protegge contro le malattie, poiché fortifica il sistema immunitario, come pure ci sostiene nel contrastare lo stress ossidativo e l’invecchiamento cellulare.

 

LE DIVERSE FORME DI FERRO NEL CORPO

Il ferro nel nostro organismo è presente in due forme: ferro emico (EME), legato all’emoglobina nel sangue oppure alla mioglobina nei muscoli; ferro non-emico (non-EME), legato a proteine di deposito come la ferritina nell’intestino. Il ferro emico è la forma più biodisponibile, ovvero risulta più facilmente assimilabile dal nostro organismo. Il ferro non-emico, invece, è meno facile da metabolizzare.

 

Il ferro emico costituisce il 75% del ferro presente nel corpo umano, legato alla emoglobina nel sangue per il 65% e alla mioglobina nei muscoli per il 10%. Il ferro non-emico, invece, ammonta al 20-25% ed è presente con funzione di deposito, in fegato, milza e midollo osseo, legato alla ferritina ed alla emosiderina. Il ferro, poi, è presente in piccole quantità anche nella transferrina e in alcuni enzimi intracellulari.

 

COSA SUCCEDE IN CASO DI CARENZA DI FERRO

Se il ferro non è assunto in quantità sufficiente, la sua mancanza può causare problematiche di varia entità. Stanchezza cronica, sonnolenza, debolezza fisica, affaticamento muscolare, svogliatezza mentale, difficoltà di concentrazione, irritabilità e nervosismo sono sintomi legati a una carenza di ferro moderata. Per poi passare a segnali come pallore, fiato corto, insonnia, palpitazioni, mal di testa, capogiri, dolori mestruali, disturbi gastro-intestinali e sistema immunitario indebolito; fino ad anemia nei casi più gravi.

 

La quantità giornaliera di ferro varia in base a età e sesso: 10 mg per gli uomini e 18 mg per le donne (30 mg in gravidanza e 10 mg in menopausa), 12 mg per gli adolescenti secondo i Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti (LARN) per la popolazione italiana. Un deficit di ferro può essere dovuto a diverse cause: alimentazione sregolata, problematiche di assorbimento, perdite di sangue, anemia, disfunzioni endocrine o malattie croniche.

 

QUALI SONO I CIBI CHE CONTENGONO FERRO

Il ferro viene assimilato attraverso il cibo. La fonte più ricca di ferro EME, ovvero la forma biodisponibile, è la carne (come residuo della mioglobina nei muscoli). Il ferro è presente anche in altri alimenti di origine animale, come pesce azzurro (tonno, salmone, acciughe e sardine), molluschi (ostriche, cozze e vongole), crostacei (gamberi, gamberetti, aragoste etc.) e nel tuorlo d’uovo.

 

In ferro non-EME è presente in tutti gli alimenti, anche in quelli vegetali. Sono particolarmente ricchi di ferro verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, rucola, prezzemolo etc.), legumi (fagioli, lenticchie, ceci e piselli), frutta secca (mandorle, anacardi, pistacchi, arachidi, sesamo e girasole), frutta essiccata (albicocche, uvetta, fichi e datteri). Anche i cereali contengono ferro, come avena, grano saraceno, miglio, segale e riso meglio se integrali. Un altro alimento ricco di ferro è il cacao amaro. Per favorirne l’assorbimento il consiglio dei nutrizionisti è di abbinarlo alla vitamina C, per esempio succo di limone.

 

 

FONTI

PROPRIETÀ E FONTI DI VITAMINA A

La vitamina A è indispensabile per il benessere dell’organismo umano, in cui è presente sotto forma di retinolo. In natura ne esistono due forme: carotenoidi (di origine vegetale) e retinoidi (di origine animale). È una vitamina liposolubile che si accumula nel fegato e viene assorbita dall’intestino.

A COSA SERVE LA VITAMINA A
Fondamentale per la salute della vista, la vitamina A (sotto forma di retinolo) insieme ai suoi precursori (i carotenoidi) è uno dei componenti della rodopsina: un pigmento sensibile alla luce, presente sulla retina nei bastoncelli (organelli in grado di catturare la luce). Il retinolo, dunque, svolge un ruolo indispensabile nel meccanismo della visione, soprattutto quella notturna. Inoltre, la vitamina A interviene nella regolazione del processo di crescita e differenziazione delle cellule. Ecco perché è fondamentale nei primi anni dello sviluppo, come pure per il benessere di tessuti e organi. Fa bene alla pelle poiché, oltre a promuove la rigenerazione cellulare, regola la permeabilità delle membrane e l’elasticità dei tessuti. Inoltre, è essenziale per denti e ossa. Evidenze scientifiche dimostrano il ruolo anti-ossidante della vitamina A come anti-tumorale. Il suo potere anti-ossidante agisce anche nel potenziare il sistema immunitario, come pure protegge il sistema cardio-vascolare e costituisce un’eccellente barriera per possibili infezioni polmonari.

DOSI ECCESSIVE O NON SUFFICIENTI DI VITAMINA A
Il fabbisogno giornaliero va da 3 a 10 mg al giorno, in base a momento di sviluppo, età, sesso e condizioni particolari. Nei neonati 4,5 mg; in bambini e adolescenti da 3 a 7 mg. Nei maschi adulti la dose raccomandata è di 7 mg; mentre nelle donne adulte è 6 mg, in gravidanza 7 mg e durante l’allattamento 10 mg. La carenza o l’eccesso di vitamina A durante la gestazione può provocare malformazioni al feto e successive difficoltà di crescita e sviluppo in età pediatrica, tra cui la cecità acquisita. La mancanza di vitamina A nell’organismo, infatti, comporta problemi alla vista, che si manifestano inizialmente con difficoltà nella visione crepuscolare, fino a provocare cecità nei casi più gravi. Altri sintomi collegabili a un deficit di vitamina A, sono disfunzioni del sistema immunitario e maggiore sensibilità alle infezioni.

In caso di eccessiva assunzione di vitamina A, si può andare incontro a intossicazioni, con la comparsa di vari sintomi. Emicrania, perdita di coordinazione, disturbi visivi, nausea e vomito, per tossicità acuta. Dolori muscolari, stanchezza, inappetenza, anemia, cefalea, irritabilità, annebbiamento della vista, per tossicità cronica. Poiché si accumula nel fegato, se in eccesso può anche causare danni permanenti a fegato e milza.

IN QUALI ALIMENTI SI TROVA LA VITAMINA A
La vitamina A, sotto forma di retinolo, si trova nei prodotti di origine animale, come fegato, pesce azzurro (aringa, salmone, tonno, olio di fegato di merluzzo), latte, formaggio, burro, yogurt e tuorlo d’uovo. Tra i vegetali, invece, la vitamina A si trova sotto forma di carotenoidi (come beta-carotene), in particolare in ortaggi di colore giallo, arancione e rosso. Tra la verdura, la troviamo in carote, zucca, peperoni, pomodoro e patate dolci. Nella frutta colorata, invece, la vitamina A si trova in albicocche, pesche, nespole, melone, anguria, ciliegie, frutti di bosco, mango e papaia. La vitamina A si trova anche nei vegetali verdi come spinaci, cicoria, prezzemolo, broccoli e alga spirulina, ma anche in verza, cavolo, cavoletti di Bruxelles, zucchine, sedano, aglio, fagioli e, in parte, anche nei cereali integrali (in particolare nel germe di grano). Tra la frutta secca, troviamo la vitamina A nei pistacchi. Anche l’olio di soia ha un buon contenuto di vitamina A. La vitamina A è sensibile a luce e calore, si degrada durante il processo di cottura, per cui è consigliato assumere alimenti freschi e di stagione, come pure cibarsi di frutta e verdura cruda. Inoltre, essendo liposolubile, è raccomandato condire le verdure con olio extra vergine a crudo.

FONTI
1) Vitamine – Informazioni generali – EPICENTRO
2) Vitamine – Studi – EPICENTRO
3) LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: VITAMINE. Assunzione raccomandata per la popolazione (PRI) e assunzione adeguata (AI): valori su base giornaliera – Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014
4) Vitamin and Mineral Supplement Fact Sheets – NIH National Institute of Health
5) Vitamin A – NIH National Institute of Health

LE PROPRIETÀ SALUTARI DELL’OLIO DI COCCO

L’olio di cocco è considerato un “superfood” dai patiti di alimentazione sana. Esistono evidenze scientifiche che ne attestano le proprietà benefiche: stimola il metabolismo, svolge un’azione anti-batterica, rafforza il sistema immunitario, protegge da malattie cardio-vascolari e previene le patologie neuro-degenerative. Innanzitutto, una precisazione: essendo costituito da grassi saturi all’86,8% e poiché solido a temperatura ambiente, non si tratta di un olio, bensì di un grasso. Ecco perché va consumato con moderazione. Secondo le indicazioni della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), il consumo di grassi saturi non deve superare il 10% delle calorie introdotte giornalmente con la dieta.

QUALI SONO I BENEFICI DELL’OLIO DI COCCO
L’olio di cocco, nonostante contenga elevate quantità di grassi saturi, è benefico per la nostra salute, poiché contiene molti acidi grassi a catena media che svolgono una funzione protettiva contro demenze e declino cognitivo. In particolare, i ricercatori hanno concentrato le loro indagini sul ruolo dell’olio di cocco in relazione al morbo di Alzheimer, attestando che il consumo di 40 ml di olio di cocco migliora le funzioni cognitive in pazienti affetti da questa patologia. La stessa condizione era già stata riscontrata anche sui topi. Inoltre, la potenzialità neuro-protettiva dell’olio di cocco è stata sondata anche su un modello di tossicità neuronale. I risultati delle indagini hanno indicato che l’olio di cocco ha effetti protettivi nei confronti delle cellule cerebrali, grazie sempre agli acidi grassi a catena media. La ragione sembra imputata al fatto che essi si trasformano facilmente in corpi chetonici. Ovvero le stesse molecole che vengono prodotte in quantità durante il digiuno e che vengono utilizzate da parte del cervello come fonte di energia quando il glucosio scarseggia, proprio durante periodi di digiuno prolungato.

Inoltre, questi particolari acidi grassi di media lunghezza risultano più solubili di altri grassi e, di conseguenza, hanno modalità di assorbimento caratteristiche: non necessitando del processo di lipolisi promossa dagli acidi biliari, i grassi saturi a catena media presenti nell’olio di cocco, passano direttamente al circolo sanguigno, per essere assorbiti velocemente. Gli studi scientifici preliminari attestano che l’olio di cocco sia particolarmente digeribile e utile in caso di deficit degli enzimi che digeriscono i grassi come la lipasi pancreatica e gli acidi biliari, come pure in caso di malassorbimento e altre problematiche intestinali. In particolare, sarebbe la presenza di acido laurico a determinare queste proprietà protettive nei confronti dell’apparato gastro-intestinale.

Altre ricerche scientifiche dimostrano che gli acidi grassi a catena media contenuti nell’olio di cocco, inducono un maggiore senso di sazietà rispetto ai grassi a catena lunga, oltre a favorire la perdita di grasso corporeo a causa di un miglioramento della regolazione della temperatura corporea, favorendo in qualche modo il dimagrimento. Altri studi scientifici, poi, dimostrano che l’olio di cocco aumenta il livello di colesterolo buono HDL nel sangue. Riguardo a effetto dimagrante, diminuzione del giro vita e impatto dell’olio di cocco sul metabolismo lipidico sono ancora in corso studi di approfondimento. Infine, alcuni studi scientifici hanno dimostrato che l’olio di cocco possiede proprietà anti-fungine e anti-batteriche, in relazione alla Candida albicans.

COME SCEGLIERE L’OLIO DI COCCO
Per avere benefici per la salute garantiti è bene scegliere un olio di cocco extra vergine di ottima qualità, preferibilmente da coltivazione biologica. Poiché l’olio di cocco ha un punto di fumo basso (175 °C) è bene non usarlo per la cottura, poiché può generare composti tossici per l’organismo. I nutrizionisti, in genere, consigliano di consumarlo a crudo come spuntino oppure a colazione spalmato su fette biscottate integrali.

FONTI
1. Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014; LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: LIPIDI.
2. Fernando WM et al.; The role of dietary coconut for the prevention and treatment of Alzheimer’s disease: potential mecanisms of action; British Journal of Nutrition 2015 Jul.
3. Hu Yang I; Coconut oil: non-alternative drug treatment against Alzheimer disease; Nutricion Hospitalaria 2015 Dec 1.
4. Rahim NS; Enhanced memory in Wistar rats by virgin coconut oil is associated with increased antioxidative, cholinergic activities and reduced oxidative stress. Pharm Biol. 2017 Dec.
5. Nafar F; Coconut oil protects cortical neurons from amyloid beta toxicity by enhancing signaling of cell survival pathways. Neurochem Int. 2017 May.
6. Cardoso DA et al.; A coconut extra virgin oil-rich diet increase HDL cholesterol and decrease waist circumference and body mass in coronary artery disease patients; Nutr Hosp. 2015 Nov.
7. Feranil AB et al.; Coconut oil is associated with a beneficial lipid profile in pre-menopausal women in the Philippines. Asia Pac J Clin Nutr. 2011.
8. Eyres L et al.; Coconut oil consumption and cardiovascular risk factors in humans; Nutr Rev. 2016 Apr.
9. Gunsalus KT et al.; Manipulation of Host Diet To Reduce Gastrointestinal Colonization by the Opportunistic Pathogen Candida albicans; mSphere. 2015 Nov.
10. Coconut Oil – Science-Based medicine 2013

PROPRIETÀ E FONTI DI VITAMINA C

La vitamina C è fondamentale per la salute. Detta anche acido ascorbico è una vitamina idrosolubile, che può essere assunta solo attraverso il cibo, poiché il nostro organismo non è in grado di sintetizzarla.

QUALI SONO I BENEFICI DELLA VITAMINA C
La vitamina C è alla base di molte importanti funzioni, essenziali per il benessere dell’intero organismo. La vitamina C, innanzitutto, stimola il sistema immunitario, in particolar modo proteggendoci dai malanni stagionali a carico delle vie respiratorie, anche con una funzione anti-virale e anti-infiammatoria. Aiuta a prevenire sindromi influenzali e raffreddori, oltre a essere un valido sostegno anche in caso di asma. La vitamina C sostiene la nostra salute grazie alla sua azione antiossidante che protegge dall’aggressione dei radicali liberi, prevenendo l’invecchiamento cellulare, insieme alla vitamina E. Il ruolo antiossidante della vitamina C ha un effetto positivo anche nella prevenzione e nella cura dei tumori.
La vitamina C è coinvolta nella sintesi di collagene, proteina strutturale indispensabile per la formazione dei tessuti connettivi (epidermide, muscoli, ossa, cartilagini etc.). Da un lato, la vitamina C serve a mantenere in salute i tessuti e, dall’altro, è implicata nel processo di riparazione. Per esempio, stimola la guarigione delle ferite e prevenire le emorragie, come pure serve a riparare le ossa in caso di frattura. La vitamina C, poi, è utile nel facilitare l’assorbimento di ferro, poiché contribuisce alla produzione di globuli rossi e alla sintesi di emoglobina. Grazie a questa sua funzione, infatti, aiuta a ridurre la stanchezza cronica e l’affaticamento muscolare. Ecco perché la vitamina C è indispensabile in caso di anemia.
La vitamina C è importante anche per il benessere del sistema cardio-circolatorio, poiché contribuisce a tenere pulite le arterie, mantenendo livelli bassi di colesterolo. In tal modo, la vitamina C è un valido aiuto nel prevenire le malattie cardiache e ridurre il rischio di infarto. La vitamina C è indispensabile anche per il sistema nervoso, poiché è coinvolta nella sintesi di alcuni neurotrasmettitori e ormoni, tra cui noradrenalina e serotonina, utili a sostenere la funzione psicologica e a mantenere un buon tono dell’umore. Inoltre, aiuta a prevenire le malattie neuro-degenerative come l’Alzheimer.

IN QUALI ALIMENTI SI TROVA LA VITAMINA C
La vitamina C si trova soprattutto in frutta e verdura fresca di stagione. In particolare, negli agrumi (arancia, pompelmo limoni,) e nei frutti di bosco (fragole e ribes), ma anche in kiwi, ciliegie, ananas, melone, anguria e papaya (soprattutto fermentata). Tra gli ortaggi ricchi di vitamina C troviamo le verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, cavolfiore, cavoli, cavoletti di Bruxelles, cime di rapa, prezzemolo, rucola, radicchio, bietole, timo, tarassaco e ortica). Anche le solanacee sono ricche di vitamina C: peperoni dolci (rossi, verdi e gialli), pomodori, peperoncino e patate novelle. Infine, si trova anche in asparagi e piselli.
La vitamina C ha una struttura labile, sensibile a luce e calore, disgregata dalla cottura o anche semplicemente dall’ossigeno dell’aria. Ecco perché è importante consumare prodotti freschi e ben conservati. Il congelamento ne preserva struttura e proprietà. Il metodo di cottura migliore per gli ortaggi che contengono vitamina C è il vapore. Attenzione a caffeina e nicotina che ne limitano l’assorbimento.

IL FABBISOGNO DI VITAMINA C
Il fabbisogno quotidiano di vitamina C va dai 75 mg (per le donne) ai 90 mg (per gli uomini). La dose minima è 10 mg, fino a un massimo di circa 200 mg al giorno. In caso di carenza, i sintomi variano molto: da stanchezza, debolezza, dolori muscolari e aumento delle infezioni virali. Fino a sintomi più gravi come fragilità capillare, ematomi, ferite che non guariscono, gonfiori e dolori articolari. In caso di carenza, oltre ad aumentare il consumo di vitamina C attraverso la dieta, è utile assumere integratori vitaminici.

FONTI
Vitamine – Informazioni generali – EPICENTRO (data ultimo accesso 30.05.2019)
Vitamine – Studi – EPICENTRO (data ultimo accesso 30.05.2019)
LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: VITAMINE. Assunzione raccomandata per la popolazione (PRI) e assunzione adeguata (AI): valori su base giornaliera – Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014 (data ultimo accesso 31.05.2019)
Vitamin and Mineral Supplement Fact Sheets – NIH National Institute of Health (data ultimo accesso 31.05.2019)
Vitamin C – NIH National Institute of Health (data ultimo accesso 31.05.2019)

PUNTI LONGEVITÀ PER I CENTRI ANTIVIOLENZA

Il progetto nato dalla collaborazione tra la Fondazione Valter Longo Onlus e il CADMI (Centro di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano)

 

 

LA SITUAZIONE NEL MONDO E IN ITALIA PRE E POST PANDEMIA

 

Il fenomeno della violenza contro le donne continua a preoccupare ed parlare sono i dati.

 

Secondo l’Evidence Brief 2019 dell’OMS, in tutto il mondo:

  • circa il 35% delle donne ha subito una qualche forma di violenza fisica e/o sessuale;
  • circa il 30% delle donne ha sperimentato una situazione di violenza da parte del partner;
  • il 38% dei femminicidi è compiuto dai partner;
  • il 7% delle donne è stata oggetto di aggressione sessuale;
  • le donne che hanno subito un abuso fisico e sessuale presentano una maggiore probabilità di soffrire di gravi problemi di salute.

 

L’Italia non è esclusa da questo triste quadro: come mostrano i report dell’ISTAT 2015 e 2018, il 31,5% delle donne fra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita (gli stupri sono stati commessi nella maggior parte dei casi da partner); il 54,9% dei femminicidi è stato commesso da un partner o ex partner e il 24,8% da parenti.

 

La pandemia, il lockdown, la convivenza forzata, lo stress, i problemi economici e l’eventuale perdita del lavoro hanno intensificato la criticità del problema, portando le Nazioni Unite a parlare di Shadow Pandemic (Pandemia nell’ombra/Pandemia Nascosta): dal report dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 30 luglio 2020 emerge che l’80% delle nazioni ha visto un aumento delle chiamate alle helpline, mentre il 50% delle nazioni ha visto un incremento delle chiamate e denunce alla polizia.

 

VIOLENZA E SALUTE

 

Quanto al rapporto tra violenza subita e salute, è chiaro che la violenza ha un forte impatto sulla salute (sia fisica che mentale) e sulla longevità delle donne in questione che spesso faticano a riacquistare uno stile di vita sano ed equilibrato.

 

Si è inoltre osservato come il vissuto di violenza e maltrattamento possa creare le condizioni per un rapporto malsano con il cibo fino ad arrivare a veri e propri disturbi alimentari. Secondo il Rape, Abuse & Incest National Network, il 96% delle donne che ha sperimentato la violenza sviluppa sintomi di Disturbo da Stress Post-Traumatico (che nel 37-45% dei casi può sfociare in bulimia nervosa e nel 22-26% in “binge eating”).

 

Il cibo, inoltre, è spesso associato dalle donne che hanno subito violenza a esperienze dolorose perché utilizzato come uno strumento di controllo, anche in termini di privazione, oppure in quanto legato a ricordi di conflittualità violenta con il partner durante i pasti quotidiani.

Di qui la necessità di un progetto come questo, che offre un ulteriore supporto a queste donne nel loro cammino di uscita dalla violenza e che restituisca un ruolo positivo all’alimentazione all’interno della loro quotidianità.

 

 

FONDAZIONE VALTER LONGO E CADMI INSIEME

 

La Fondazione Valter Longo Onlus e il Centro di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano hanno dato inizio alla creazione “Punti Longevità” all’interno delle case di accoglienza dell’associazione Cadmi allo scopo di offrire ulteriore supporto alle donne che hanno intrapreso un percorso di uscita dalla violenza.

 

Il Progetto ha dato vita a:

  • la creazione di un Team altamente specializzato, composto nutrizioniste e psicologhe formate sia dalla Fondazione Valter Longo Onlus che dal CADMI, al fine di avere la preparazione e conoscenze necessarie per garantire un supporto di altissima qualità ed esperienza.
  • l’organizzazione di eventi quali un “aperitivo della longevità” per condividere insieme momenti di consapevolezza e sensibilizzazione e la programmazione di eventi futuri.
  • la futura programmazione gratuitamente di assistenza sanitaria nutrizionale e consulenza riguardo ad abitudini alimentari e stile di vita sostenibili per le donne ospiti dei centri.

 

In aggiunta, verranno creati congiuntamente da Fondazione Valter Longo Onlus e dal CADMI ulteriori strumenti di supporto e sensibilizzazione per le donne che si rivolgono ai Punti Longevità quale sostegno nel loro percorso.

 

Gli interventi saranno effettuati inizialmente nel Nord Italia, nello specifico in Lombardia (nella città di Milano) con la speranza di espandersi su tutto il territorio italiano.

 

Il Progetto punta alla promozione del diritto alla salute, così come riconosciuto dall’art. 25 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e promuove la “cultura della longevità”, da sempre condivisa dalla Fondazione Valter Longo, la cui mission consiste proprio nell’opportunità per tutti di una vita lunga e sana. Il Progetto, nato dalla lungimirante collaborazione tra due importanti Fondazioni Non-Profit del panorama milanese, Fondazione Valter Longo Onlus e CADMI. e sarà finanziato e sostenuto mediante il supporto di donazioni.

DUE VASCHETTE DI LAMPONI AL GIORNO CONTRO IL PRE-DIABETE

di Fondazione Valter Longo Onlus

In generale, alle persone a rischio diabete viene indicato di non assumere frutta, per il contenuto in zucchero che innalza i livelli di glicemia nel sangue. Uno studio condotto presso l’Illinois Institute of Technology (USA) e pubblicato su Obesity (febbraio 2019), dimostra che i lamponi rossi, invece, possono essere mangiati tranquillamente anche dai pre-diabetici e, addirittura, apportano benefici favorendo l’invertire del decorso della malattia. L’azione anti-diabetica sembra essere facilitata dagli antociani (composti che donano il classico colore rosso dei lamponi) e da altre sostanze, come ellagitannini e fibre.

L’IMPORTANZA DI INDIVIDUARE CIBI PROTETTIVI

Il gruppo di ricercatori americani guidati da Burton-Freeman del Center for Nutrition Research, Institute for Food Safety and Health, dell’Illinois Institute of Technology ha portato avanti la ricerca in collaborazione con la FDA (Food and Drug Administration). La ricerca è stata basata sui dati del CDC (Centers for Desease Control and Prevention) che denota che, nel 2015, il 34% di adulti americani (84,1 milioni di persone) soffriva di pre-diabete.

L’indagine concentra la sua attenzione su questa categoria di pazienti poiché risultano tra quelli ad alto rischio per una serie di condizioni e patologie, tra cui lo sviluppo di diabete di tipo 2, malattie cardio-vascolari e morbo di Alzheimer. Indicare ai soggetti pre-diabetici una dieta ad hoc, con i cibi da evitare, come pure conoscere quali sono, invece, gli alimenti che hanno effetti benefici è fondamentale per prevenzione e cura. Inserire nell’alimentazione di queste persone anche i cibi che svolgono un effetto protettivo può essere un ottimo ausilio nel rallentare o, addirittura, invertire la progressione verso il diabete.

DUE TAZZE DI LAMPONI OGNI GIORNO È LA PORZIONE OTTIMALE

Si è trattato di uno studio di tipo randomizzato, condotto su un campione di individui a rischio diabete, obesi o in sovrappeso, con segnali di pre-diabete e insulino-resistenza. I dati, poi, sono stati incrociati con un gruppo di controllo, composto da individui metabolicamente sani. L’indagine così concepita ha coinvolto 32 adulti americani, tra i 20 e i 60 anni di età. I partecipanti sono stati sottoposti ad analisi del sangue, nelle 24 ore successive alla colazione, in tre giornate distinte. Le tre colazioni presentavano analogie per ciò che concerne il contenuto di macronutrienti e l’apporto calorico, ma erano diverse per l’assunzione nella quantità di lamponi rossi congelati. Il primo giorno dell’indagine, la colazione non prevedeva l’assunzione di lamponi; il secondo giorno, una tazza; il terzo e ultimo giorno, la colazione comprendeva due tazze di lamponi rossi.

I risultati dello studio hanno indicato che, all’aumentare della porzione di lamponi assunti a colazione, i soggetti pre-diabetici hanno avuto bisogno di una dose di insulina più bassa per modulare i loro livelli di glicemia. Con due tazze di lamponi rossi a colazione, infatti, la concentrazione di glucosio nel sangue era molto più bassa rispetto alla colazione prima di lamponi. In conclusione, gli esperti indicano che l’assunzione di questa dose di lamponi nella dieta quotidiana di soggetti a rischio diabete, può essere un valido supporto, per migliorare le risposte insuliniche, nella strategia di prevenzione della malattia.

FONTI

Illinois Institute of Technology – New Study Shows Red Raspberries May Help With Glucose Control in People with Pre-Diabetes (Feb. 2019)