DIABETE: DIAGNOSI SBAGLIATA PER UN TERZO DEI PAZIENTI OVER 30

Più di un terzo dei pazienti diabetici sopra i 30 anni a cui era stato diagnosticato, in un primo momento, il Diabete di tipo 2, invece aveva il Diabete di tipo 1. Sono i dati emersi da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Diabetologia (luglio 2019). La ricerca è stata portata avanti da un team di ricercatori dell’University of Exeter Medical School (Regno Unito) guidato da Augus Jones.

Due tipi di diabete trattati in modo differente

Prima di spiegare i dettagli della nuova ricerca, dobbiamo fare un distinguo tra i due tipi di diabete. I soggetti che soffrono di Diabete di tipo 1 presentano un grave e repentino deficit di insulina, poiché le cellule del pancreas adibite alla sua produzione non sono riconosciute dal sistema immunitario e, quindi, vengono aggredite e distrutte. Questi pazienti sono diagnosticati in fase giovanile e, dopo 3 anni, hanno bisogno di regolari dosi insulina (con iniezioni o tramite pompa) per tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue.

Gli individui che presentano Diabete di tipo 2, in genere, ricevono una diagnosi durante l’età adulta e, almeno nelle fasi iniziali, possono gestire la malattia anche attraverso alimentazione sana, esercizio fisico, mantenimento del peso forma e farmaci assunti per via orale. Metodi che, però, non sono efficaci per chi è affetto da Diabete di tipo 1 e necessita di trattamento insulinico.

La diagnosi corretta di Diabete di tipo 1 negli adulti risulta complicata dal fatto che molti pazienti con Diabete di tipo 2 sono magri e presentano un punteggio di rischio genetico di Diabete di tipo 1 inferiore (p<0,001). La nuova indagine evidenzia che se un individuo a cui è stato diagnosticato il Diabete di tipo 2 necessita di terapia insulinica entro tre anni dalla diagnosi, allora ha un’elevata probabilità di essere affetto dal tipo 1. In tal caso, è fondamentale eseguire analisi ematologiche per indagare di quale tipo di diabete si tratti, in modo da fornire trattamento, monitoraggio e supporto educazionale adeguati.

Lo studio nel dettaglio

I ricercatori hanno monitorato 385 individui con diabete insulino-trattato, diagnosticato dopo i 30 anni, provenienti da una coorte della Diabetics Alliance for Research in England (DARE).

 

Il 21% di essi ha soddisfatto i criteri di inclusione per Diabete di tipo 1. Tra questi, il 38% non era mai stato trattato con insulina prima della diagnosi e il 47% ha auto-dichiarato di essere affetto da Diabete di tipo 2. Il rapido fabbisogno di insulina è stato altamente predittivo di un grave deficit endogeno. Tanto che l’85% dei partecipanti ha richiesto il trattamento insulinico entro un anno dalla diagnosi e il 47% di quelli inizialmente non trattati, che ne ha avuto bisogno entro 3 anni dalla diagnosi, mostrava un grave deficit di insulina endogena.

I medici devono prestare particolare attenzione

I soggetti con Diabete di tipo 1 a insorgenza tardiva, diagnosticato dopo i 30 anni hanno caratteristiche cliniche simili agli individui con Diabete di tipo 1 a insorgenza giovanile. Di contro, non viene identificato facilmente. I ricercatori tengono a sottolineare che i medici devono essere consapevoli che i pazienti che passano a terapia insulinica entro i 3 anni dalla diagnosi, molto probabilmente sono affetti da Diabete di tipo 1 e che devono ricevere trattamenti e supporti educazionali ad hoc.

 

FONTI

 

Thomas Nick, Augus Jones et Al. – Type 1 diabetes defined by severe insulin deficiency occurs after 30 years of age and is commonly treated as type 2 diabetes – Diabetologia (July 2019)

Giornata mondiale della scienza per la pace e lo sviluppo

Viviamo in una società completamente dipendente dalla scienza e dalla tecnologia e, nonostante ciò, abbiamo fatto in modo che praticamente nessuno comprenda la scienza e la tecnologia.” – Carl Sagan

Oggi 10 Novembre si celebra la Giornata Mondiale della Scienza per la Pace e lo Sviluppo, istituita nel 2001 dall’UNESCO. Questa giornata punta a dare risalto al ruolo significativo della scienza nella società, alla necessità di coinvolgere un ampio pubblico nel dibattito sulle questioni scientifiche e all’importanza della scienza nella nostra quotidianità. Oltre ad avere un ruolo informativo sugli sviluppi scientifici, è un’opportunità per mettere in risalto gli scienziati e l’importanza del rendere le nostre società più sostenibili.

Il tema di quest’anno è: “Building Climate-Ready Communities (“Costruire delle comunità pronte per il cambiamento climatico”), così da sensibilizzare maggiormente la popolazione mondiale sulla grande sfida del cambiamento climatico.

Dalla sua istituzione, questa Giornata ha portato alla creazione di molti progetti, finanziamenti, programmi concreti per la scienza, in tutte le parti del mondo. Inoltre, ha favorito la collaborazione tra scienziati che vivono e si occupano di regioni in condizioni particolari: un esempio è la fondazione dell’IPSO, cioè l’Organizzazione Israelo-Palestinese per la Scienza, un’organizzazione sostenuta dall’UNESCO.

LA SCIENZA NELLE CASE E A SCUOLA: L’IMPEGNO DELLA FONDAZIONE VALTER LONGO ONLUS E DEL SUO FONDATORE

Obiettivo principale della nostra Fondazione è proprio quello di mettere a disposizione di tutti le scoperte e i progressi in ambito scientifico 1) sul tema della longevità e della sana alimentazione, di un corretto stile di vita, nonché della prevenzione di molte malattie non trasmissibili (cancro, diabete, malattie cardiovascolari, autoimmuni come la sclerosi multipla e neurodegenerative come l’Alzheimer); 2) riguardanti le terapie integrate di supporto per rendere le terapie standard maggiormente efficaci nella cura di molte patologie non trasmissibili.

Non sottovalutiamo l’importanza dell’accessibilità del progresso scientifico e operiamo per dar vita ad attività di divulgazione scientifica che raggiungano il maggior numero di persone possibile. Ne sono prova:

1) tutti i libri altamente divulgativi scritti dal professor Longo per portare la scienza, il progresso e le scoperte scientifiche nelle case e nella vita delle persone con il fine di cambiare in meglio l’esistenza di tutti noi o offrire supporto in caso di necessità:

La dieta della longevità per diffondere l’importanza di nutrizione bilanciata e stile di vitafondandosi su lunghe ricerche in importanti centri a livello mondiale.
Alla tavola della longevità, un viaggio tra le ricette più sane in tutta Italia per dar vita a salute e longevità sulle nostre tavole applicando i risultati scientifici alla nostra vita quotidiana.
La longevità inizia da bambini per fornire informazioni sia teoriche che pratiche a bambini, ragazzi, famiglie, con menù settimanali e stagionali, ricette, consigli riguardo la suddivisione dei pasti, le frequenze settimanali tra pranzo e cena, gli alimenti fonte di vitamine, minerali ed altri micronutrienti, oltre alla dieta durante la gravidanza e l’allattamento.
Il cancro a digiuno” per offrire a) strumenti al fine di prevenire una grave malattia come il cancro, grazie all’alimentazione e all’esercizio fisico, e b) terapie integrate quale supporto a quelle standard nella cura del cancro fondandosi su ricerche scientifiche trentennali. Il tutto descritto in diversi capitoli dedicati ai vari tipi di cancro con anche testimonianze di pazienti.

2) I progetti della Fondazione Valter Longo Onlus nelle scuole, nei centri per persone con disabilità o con donne che intraprendono un percorso di uscita dalla violenza, oltre all’attività di assistenza nutrizionale per tutti coloro che desiderano vivere in salute o che soffrono di gravi malattie. Il loro obiettivo è proprio di informare e sensibilizzare riguardo una corretta alimentazione e l’importanza che questa ricopre per vivere una vita sana e longeva, oltre che offrire un supporto concreto e linee guida per chi lo necessita.

Ritornando al tema di quest’anno “Building Climate-Ready Communities (Costruire delle comunità pronte per il cambiamento climatico”), tra i tanti nostri progetti, è degno di nota il lavoro che facciamo nelle scuole, grazie all’organizzazione di webinar e la creazione di materiali e kit scolastici per gli insegnanti e studenti, per informare e sensibilizzare gli studenti riguardo una dieta sana e sostenibile per se stessi, la comunità e l’ambiente.

Grazie a questo progetto, gli studenti possono sviluppare anche conoscenze relative ai problemi ambientali, le loro cause e conseguenze, comprendere l’importanza dello stile di vita e della nutrizione per l’ambiente, e praticare autoanalisi e auto responsabilizzazione per iniziare un percorso all’insegna di salute, benessere e longevità sia personale che ambientale, il tutto tramite attività di brainstorming, circoli di condivisione, role-playing, mappe mentali, story-telling.

Per maggiori informazioni riguardo i nostri programmi per le scuole visitate il nostro sito, iscrivetevi alla nostra newsletter e scrivete a [email protected]

I NOSTRI SUGGERIMENTI: UNA DIETA PLANETARIA SANA

La Fondazione Valter Longo Onlus  promuove una longevità sana e sostenibile e la Dieta della Longevità, elaborata grazie a una lunga ricerca da parte del Professor Valter Longo, è una dieta planetaria sana in linea con il report realizzato dalla EatLancet Commission on Food, Planet, and Health pubblicato su una delle più importanti riviste mediche a livello mondiale, Lancet. Il report è stato realizzato nel 2019 da 37 scienziati di fama mondiale, esperti in varie discipline e provenienti da 16 paesi per definire su basi fortemente scientifiche delle diete sane (“Planetary Healthy Diets”) per l’uomo e sostenibili per il pianeta

Ad esempio, un consumo limitato o assente di carne, soprattutto rossa, e latticini, riduzione degli zuccheri e un’attenzione nei confronti di noci, verdura, frutta, cereali integrali, proteine vegetali, grassi non saturi possono avere un impatto importante sulla salute propria e dell’ambiente(contrastando il riscaldamento globale causato dall’emissione di gas serra).

Un cambiamento a livello di dieta, quale quella sopra descritta, viene indicato come necessario dallo stesso report entro il 2050 per poter raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, rispettare l’Accordo di Parigi sul clima ed evitare un forte pericolo per le persone ed il pianeta. Lo scopo è di creare una realtà dove sistemi di produzione sostenibili possano offrire una dieta salutare a una popolazione in crescita.

Per maggiori informazioni riguardo la Dieta della Longevità, potete leggere i libri del Professor Longo, iscrivervi alla nostra newsletter o contattare i nostri nutrizionisti per l’attività di assistenza e consulenza nutrizionale a [email protected]

PROPRIETÀ A E FONTI DI CALCIO

Il calcio è un oligoelemento essenziale per il nostro organismo. È il minerale più abbondante nel corpo e costituisce fino all’1,9% del nostro peso. Il calcio è presente principalmente nelle ossa al 98%, mentre per il restante 2% si trova nei denti e nei liquidi corporei.

IL RUOLO DEL CALCIO NELL’ORGANISMO

La funzione principale del calcio è a livello dell’apparato muscolo-scheletrico. Da un lato, svolge un ruolo strutturale nella formazione di ossa e denti; dall’altro ha una funzione di riserva che assicura alcuni importanti fabbisogni metabolici ed è utile a mantenere la concentrazione plasmatica nel sangue.

Il calcio assolve anche ad altre importanti funzioni per l’organismo. Interviene nel regolare la contrazione dei muscoli (prevenendo i crampi) e agisce sulla trasmissione degli impulsi nervosi. Un buon apporto di calcio, poi, ha a che fare con il benessere del sistema cardio-circolatorio, poiché regola la frequenza del battito cardiaco, equilibra la pressione e tiene a bada il colesterolo, con un effetto complessivo di normalizzare la circolazione sanguigna. Il calcio, inoltre, è coinvolto in alcune attività cellulari ben specifiche, come la regolazione delle permeabilità di membrana e la differenziazione delle cellule. Infine, il calcio è implicato anche nell’attivazione di enzimi e nella sintesi di ormoni.

COSA SUCCEDE SE MANCA IL CALCIO

In carenza di calcio, si possono verificare problematiche varie. Se il deficit riguarda i primi anni di vita, i problemi interessano le ossa, con rischio di deformazioni e rachitismo. Se il calcio non viene assunto a sufficienza con la dieta, i sintomi variano da crampi muscolari, formicolii, mal di testa e irritabilità; fino ad arrivare a disfunzioni osteo-articolari, quali dolori e fragilità ossea, fratture e osteoporosi. Anche l’eccesso di calcio può causare disturbi, come nausea e vomito, costipazione e confusione mentale.

Il fabbisogno giornaliero di calcio varia in base a età, sesso e condizioni di salute. Nei bambini 400-500 mg, negli adolescenti 1.000-1.300 mg, negli adulti 800 mg, negli anziani 1.000 mg, nelle donne incinta e che allattano 1.200-1.500 mg. In ogni caso, è bene tenere sotto controllo la calcemia nel sangue, soprattutto se si soffre di calcoli renali.

IN QUALI ALIMENTI SI TROVA IL CALCIO

Gli alimenti più ricchi di calcio sono latte e derivati. Alcuni studi scientifici, però, attestano che il calcio presente nei latticini non è facilmente assorbibile dal nostro organismo. Sembra, infatti, che la digestione del lattosio implichi la sottrazione di calcio dalle ossa, a causa di un’eccessiva acidificazione causata proprio dagli stessi latticini. L’osteoporosi, per esempio, sembra essere strettamente correlata al consumo di latticini.

Altri alimenti di origine animale che rappresentano una buona fonte di calcio sono pesce azzurro (salmone, sgombro, sardine, acciughe) e trota, molluschi (ostriche, cozze, polpo e calamari), crostacei (gamberi, aragosta) e uova (albume). La carne, invece, presenta un basso contenuto di calcio.

Sono molto ricchi di calcio le verdure a foglia verde (spinaci, cicoria, bietole, broccoli, verza, cavolo, cime di rapa), le erbe aromatiche (prezzemolo, basilico, salvia, aneto, origano, timo etc.), i legumi (fagioli, lenticchie, fagiolini, ceci e soia), i cereali integrali (frumento, grano saraceno), le patate dolci, la frutta secca (noci, mandorle, nocciole, pistacchi, arachidi),i semi oleosi (sesamo, lino, chia), la frutta essiccata (fichi secchi) e le alghe (soprattutto l’alga spirulina).

In caso di carenza, il consiglio dei nutrizionisti è di consumare latti vegetali addizionati con calcio: come latte di mandorla, cocco e soia. Altri alimenti ricchi di calcio sono cacao amaro e spezie come pepe e cannella. Infine, un cenno al contenuto di calcio nelle acque minerali, soprattutto quelle con residuo fisso alto, anche se il calcio disciolto in acqua non è totalmente biodisponibile per l’organismo umano.

FONTI

LARN – Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana: MINERALI. Assunzione raccomandata per la popolazione (PRI) e assunzione adeguata (AI): valori su base giornaliera – Società Italiana di Nutrizione Umana-SINU, 2014 (data ultimo accesso 07.11.2021)

PROPRIETÀ E FONTI DI MAGNESIO

Il magnesio è un minerale indispensabile per il nostro organismo in quanto ha un ruolo essenziale in molte funzioni biologiche: metabolismo energetico, sintesi proteica, attività muscolare, sistemi enzimatici, produzione ormonale etc. Il magnesio rappresenta circa lo 0,05% del peso corporeo; si trova nelle ossa (70%), nei muscoli (29%) e in traccia anche nel sangue (1%).

A COSA SERVE IL MAGNESIO

Tra le varie funzioni svolte dal magnesio troviamo che agevola l’assimilazione di molte vitamine, tra cui quelle del gruppo B, le vitamine C, D ed E. Insieme a calcio, fosforo e vitamina D, il magnesio contribuisce alla formazione del tessuto osseo. Oltre che essere utile nel rinforzare il sistema immunitario. A livello del sistema cardio-circolatorio, poi, il magnesio regola la pressione sanguigna e normalizza il battito cardiaco, dando un contributo importante nel prevenire il rischio di infarto. Il giusto quantitativo di magnesio, assicura la solubilità del calcio nelle urine, prevenendo i calcoli renali. Inoltre, regola l’attività dell’intestino, tanto che può essere utile in caso di stipsi. Il magnesio agisce anche a livello gastrico, migliorando la digestione e riequilibrando il pH dello stomaco in caso di acidità, grazie al suo potere alcalinizzante

Fondamentale per il sistema nervoso, il magnesio regola la comunicazione tra neuroni e cellule muscolari, poiché è responsabile della trasmissione elettrica degli stimoli nervosi ai muscoli. Il magnesio, dunque, è utile in caso di dolori muscolari, poiché aiuta a prevenire crampi e contratture, soprattutto se si pratica sport e/o durante i periodi caldi. Sempre per quanto riguarda il sistema nervoso, il magnesio interviene anche come precursore nella sintesi di alcuni neuro-ormoni. Utile nel contrastare la stanchezza mentale, funge da rilassante ed è un valido aiuto in caso di stress e nervosismo, come pure può essere utile in presenza di ansia e stati depressivi. Il magnesio è molto importante per la salute delle donne, poiché è un valido ausilio nel far diminuire i dolori mestruali, con effetto positivo anche sugli sbalzi d’umore legati alla sindrome premestruale. In menopausa, poi, da un lato aiuta a ridurre gli stati ansiosi, dall’altro favorisce l’attenuazione delle vampate di calore. Inoltre, il magnesio, previene l’osteoporosi e contrasta l’artrite.

In quali cibi si trova il magnesio

Gli esperti consigliano di assumere magnesio ogni giorno attraverso un’alimentazione varia ed equilibrata. Il magnesio è contenuto in quasi tutti i prodotti di origine vegetale. In particolare, si trova nelle verdure a foglia verde (spinaci, bietole, rucola, cicoria, broccoli, cavoletti di Bruxelles), nella frutta fresca (avocado, banana, mela, uva, frutti rossi) e in quella essiccata (uvetta, datteri, fichi e albicocche). Ricchi di magnesio sono frutta secca (mandorle, anacardi, noci, arachidi) e semi oleosi (sesamo, zucca e girasole). Altre fonti di magnesio sono legumi (fagioli bianchi e borlotti, soia, ceci, lenticchie), cacao amaro e patate. Anche i cereali integrali (grano saraceno, miglio, riso) hanno un buon contenuto di magnesio. Nei prodotti di origine animale, il magnesio si trova in dosi moderate in pesce (salmone), carne bianca (tacchino e coniglio) e latticini. La cottura riduce la biodisponibilità di magnesio.

Cosa succede se manca di magnesio

Il fabbisogno giornaliero di magnesio è pari a circa 300-500 mg al giorno per un adulto (320 mg le donne e 420 mg gli uomini). Il suo fabbisogno quotidiano cambia con età e sesso. In caso di carenza di magnesio i sintomi sono di varia natura. Stanchezza, mal di testa, nervosismo, ansia, insonnia, tachicardia, astenia, crampi muscolari e costipazione sono i più comuni. Fino quelli più gravi, come nausea, spasmi muscolari, problemi circolatori, macchie bianche sulle unghie, confusione mentale e sbalzi d’umore. Lo stress è il principale responsabile di mancanza di magnesio, poiché il nostro corpo è portato a utilizzarne in dosi maggiori per riequilibrare i processi fisiologici in cui è coinvolto. In caso di carenza è importante assumere il magnesio anche sotto forma di integratori, facendosi consigliare da un nutrizionista.

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

FONTI

GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA LOTTA CONTRO IL CANCRO AL SENO

Se da una parte la mortalità per cancro al seno sembra diminuita negli ultimi anni, grazie principalmente alla minore incidenza di quelle forme più aggressive, quali i tumori che non presentano positività per i recettori degli ormoni e quindi non risultano sensibili a un trattamento ormonale (Hormon Receptor, HR-negativi), dall’altra parte i casi di tumore al seno ormoni dipendenti (HR-positivi) sono sempre più diffusi. Ciò è dovuto principalmente all’aumento generale del sovrappeso e della diminuzione del tasso di fecondità (si fanno meno figli e si fanno tardi). Oltre a questi fattori di rischio, anche l’invecchiamento della popolazione ricopre una certa importanza, sottolineando ancora una volta il ruolo della prevenzione legato all’avanzare dell’età. Rallentare il processo di senescenza attivando strategie anti-invecchiamento può ritardare, e, potenzialmente, evitare la comparsa di diversi tumori.

È un dato di fatto comunque che, ogni anno, in Italia circa 55.000 donne ricevono una diagnosi di tumore alla mammella facendo sì che esso rappresenti circa un terzo (30,3%) di tutti i tumori femminili. Percentuale che trova corrispondenza anche nella casistica di pazienti oncologici seguiti presso Fondazione Valter Longo Onlus in Italia e la Create Cures Foundation negli Stati Uniti, che, grazie all’esperienza raccolta con questi pazienti, ha anche contribuito al nuovo libro del Professor Longo Il cancro a digiuno. Nutrizionisti e oncologi delle Fondazioni collaborano con gli oncologi che seguono i pazienti, con l’obiettivo di integrare la terapia anticancro standard attraverso interventi innovativi incentrati sulla nutrizione e sulla biologia molecolare del tumore, nonché incentivando anche la sorveglianza del nostro sistema immunitario verso il tumore.

Cosa fare dopo una diagnosi di tumore al seno, dal punto di vista alimentare e dello stile di vita?

Se c’è stata una diagnosi di tumore al seno, è fondamentale raggiungere e mantenere un peso corporeo nella norma, attraverso una dieta sana e uno stile di vita attivo, per evitare l’accumulo di massa grassa e preservare quella magra. In generale, una dieta sana e bilanciata comprende un ampio consumo di verdura, cereali integrali e legumi, un consumo moderato di pesce e frutta, mentre alcol, zuccheri e grassi saturi andrebbero limitati.

Oltre a tali accorgimenti dal punto di vista alimentare, anche l’attività fisica, effettuata secondo la propria tolleranza, è estremamente consigliata. Le linee guida internazionali incoraggiano a svolgere una media settimanale di attività moderata di 150 minuti o 75 di attività intensa. Per pazienti sottoposti a chemioterapia o terapia ormonale sembrano dare ottimi risultati anche delle sedute di esercizi mirati al rafforzamento muscolare.

In generale, quando possibile, va evitata la sedentarietà, soprattutto per pazienti sovrappeso o obese che potrebbero beneficiare di una sana perdita di peso.

L’impegno attivo delle Fondazioni sostiene costantemente la lotta contro il cancro al seno attraverso percorsi di assistenza nutrizionale basati sulla Dieta della Longevità, un potente strumento per prevenire o rallentare l’insorgenza di tumori, in particolare del cancro alla mammella. Un approccio integrato attraverso interventi multidisciplinari mirati può determinare una massiccia riduzione dell’incidenza di tumori, permettendo di migliorare la gestione dei sintomi e di supportare la terapia farmacologica, riducendone gli effetti collaterali.

 

Fonti

  1. Associazione Italiana Registri Tumori https://www.registri-tumori.it/cms/
  2. Fondazione AIOM “I numeri del cancro in Italia 2020” https://www.fondazioneaiom.it/wp-content/uploads/2020/10/2020_Numeri_Cancro-pazienti-web.pdf
  3. Limon-Miro, Ana Teresa & Lopez-Teros, Veronica & García, Humberto “Dietary Guidelines for Breast Cancer Patients: A Critical Review” (2017) Advances in Nutrition: An International Review Journal; 8. 613-623. 10.3945/an.116.014423.
  4. Lyman GH, Bohlke K, Cohen L. “Integrative Therapies During and After Breast Cancer Treatment: ASCO Endorsement of the SIO Clinical Practice Guideline Summary” (2018) J Oncol Pract.;14(8):495-499. doi:10.1200/JOP.18.00283

NOCCIOLE, UN TOCCASANA PER LA SALUTE A LUNGO TERMINE

Il 16 Ottobre si celebra la giornata mondiale dell’alimentazione, che ha la funzione di sensibilizzare ad un approccio virtuoso verso uno dei bisogni primari dell’uomo: il cibo. Uno degli obiettivi fondamentali è legato alla possibilità di visualizzare un futuro equo per la distribuzione di cibo e l’accesso agli alimenti, un problema purtroppo ancora centrale in determinati paesi in via di sviluppo. Questo è inoltre causa di un’ampia diffusione di malattie legate all’alimentazione, in particolar modo quelle del sistema circolatorio.La frutta a guscio (mandorle, nocciole, noci etc.) negli ultimi anni è diventata oggetto di svariate ricerche a carattere scientifico. È la ricca composizione di micro e macronutrienti a destare l’attenzione degli studiosi, che hanno approfondito gli effetti di un’assunzione prolungata della frutta secca, nella nostra alimentazione.

ALLA RICERCA DEI MICRONUTRIENTI

Un recente studio condotto dal Linus Pauling Institute dell’Oregon State University, pubblicato sul The Journal of Nutrition, ha evidenziato come un costante consumo di nocciole abbia migliorato in modo significativo il livello di magnesio e vitamina E, con effetti benefici sulla salute a lungo termine. Nello specifico, il team di ricercatori guidato da Alexander J. Michels ha proposto a un gruppo di persone dai 63 ai 69 anni circa, un regime alimentare in cui era prevista l’assunzione di nocciole per 16 settimane consecutive. Obiettivo della ricerca è stato stabilire se il consumo giornaliero di questo tipo di frutta a guscio da parte di persone in questa fascia di età, sane, avrebbe migliorato i biomarcatori di micronutrienti come magnesio e vitamina E.

La scelta di sottoporre a questo studio clinico queste persone è stata voluta perché dai circa 60 anni in su si è più a rischio nell’andare incontro a malattie croniche, proprio a causa di livelli inadeguati di vitamine e minerali. Un apporto insufficiente di questi importanti micronutrienti, infatti, può portare a varie problematiche di natura cronica come: disturbi cardio-vascolari, patologie epatiche, forme tumorali e malattie neuro-degenerative come il morbo di Alzheimer. Noci e nocciole specialmente sono ricche di minerali e vitamine e, in particolare, rappresentano un’ottima fonte di magnesio e vitamina E, importanti per la nostra salute.

QUALI SONO LE GIUSTE QUANTITÀ DI MAGNESIO E VITAMINA E

Un adulto dovrebbe consumare circa 15 mg al giorno di vitamina E. La notizia buona è che una porzione di 30 grammi di nocciole (più o meno 20 pezzi) contengono circa 4 mg di vitamina E (pari al 27% del fabbisogno giornaliero). Stesso discorso vale per il magnesio, la cui dose giornaliera media per un adulto sano è pari a 300 mg. In questo caso, però, il fabbisogno varia con età, sesso e altre condizioni specifiche. Per esempio, un uomo anziano dovrebbe assumerne oltre 400 mg, mentre una donna anziana oltre 300 mg. Le nocciole, come tutta la frutta secca in generale, sono un’ottima fonte di magnesio: 100 grammi di nocciole ne contengono 160 mg. Una carenza di magnesio è poco probabile, ma ci sono casi specifici in cui è possibile avere un deficit di questo importante minerale: per esempio, in chi soffre di diabete di tipo 2, celiachia, morbo di Crohn o assume farmaci.

LA FRUTTA SECCA AIUTA A STARE MEGLIO

Per valutare i livelli dei biomarcatori, ogni partecipante alla ricerca del Linus Pauling Institute è stato sottoposto a una serie di esami clinici all’inizio e al termine delle 16 settimane di osservazione. In particolare, sono stati eseguiti prelievi di sangue e urine, come pure sono state rilevate una serie di misure antropomorfe. I parametri considerati sono stati i seguenti: livelli di magnesio, lipidi, glucosio, insulina e proteina C-reattiva ad alta sensibilità, insieme ai metaboliti della vitamina E eliminati per via urinaria.

I risultati ottenuti hanno mostrato un aumento nei livelli di micronutrienti presenti, in particolare magnesio e vitamina E. I benefici riscontrati sono stati direttamente proporzionali al numero di nocciole assunte. Chi ne ha mangiate ogni giorno ha avuto maggiori benefici, rispetto a chi le ha mangiate solo una volta alla settimana. In ogni caso, anche questi ultimi hanno mostrato un miglioramento rispetto a chi non ha mangiato nessuna nocciola durante il periodo di osservazione. Un consumo di frutta secca può, dunque, avere un effetto benefico sulla salute: investire sulla sua coltivazione, e quindi sull’agricoltura, uno dei temi più cari a questa ricorrenza mondiale, potrebbe fornire un valido strumento dalle grandi potenzialità per cercare di arginare il divario socio-economico e combattere la malnutrizione

 

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

 

FONTI

  1. Michels AJ et Al. – Daily Consumption of Oregon Hazelnuts Affects α-Tocopherol Status in Healthy Older Adults: A Pre-Post Intervention Study – The Journal of Nutrition, Volume 148, December 2018

13 Ottobre: Giornata nazionale del tumore al seno metastatico Da alimentazione e stile vita un aiuto per “rinchiudere i buoi in stalla dopo che sono scappati”

Al primo posto sul panorama mondiale tra le cause di cancro, il tumore al seno, mostra una costante e fiduciosa tendenza alla riduzione della sua mortalità (-6% negli ultimi 5 anni).

Questo trend favorevole è prevalentemente attribuibile alla maggiore diffusione dei programmi di prevenzione, di diagnosi precoce attraverso lo screening mammografico e ai progressi in campo terapeutico che hanno permesso un aumento della sopravvivenza per le donne, ma anche per gli uomini, affetti da tumore mammario. Attualmente in Italia l’87% dei pazienti risulta vivo dopo 5 anni dalla diagnosi, una delle sopravvivenze più alte registrate in Europa.

Tuttavia, nel 6-7% dei casi il tumore al seno si presenta già metastatico alla diagnosi e sono oltre 37000 le pazienti affette da questa condizione in Italia.

Se storicamente modificazioni nell’alimentazione e nello stile di vita in una fase avanzata della malattia erano considerate avere poco impatto sulla prognosi, l’incremento delle chance terapeutiche e il vantaggio significativo ottenuto in sopravvivenza hanno consentito di rivalutare il ruolo di questi due potenti strumenti in questo ambito.

In occasione della Giornata Nazionale del tumore al seno metastatico, il 13 Ottobre, scopriamo insieme come possiamo contribuire all’efficacia delle terapie oncologiche e al mantenimento della migliore qualità di vita dopo la diagnosi.

Uno studio pilota condotto negli Stati Uniti ha indagato le abitudini nutrizionali e lo stile di vita di un gruppo di donne affette da tumore al seno metastatico osservando che la maggioranza di queste fossero in sovrappeso o obese, non svolgessero attività fisica routinaria e si alimentassero prevalentemente con diete ricche di grassi e povere di fibre.

A tale proposito, un elevato BMI (Body-mass index) così come una condizione di franca obesità, associata all’assunzione di peso dopo la diagnosi, è stata associata ad una più alta mortalità per tumore mammario e ad una peggiore prognosi soprattutto dopo la menopausa.

In particolare, uno studio preclinico ha dimostrato come l’obesità contribuisse all’effetto pro-metastatico e alla progressione verso un tipo particolarmente aggressivo di tumore al seno, il sottotipo “triplo negativo”.

Il tessuto adiposo in eccesso è infatti responsabile di una condizione di infiammazione sistemica (ossia generale, di tutto il corpo) e dell’aumento di ormoni quali insulina e leptina e del fattore di crescita Insulino-simile, IGF-1, in circolo; tutte alterazioni metaboliche e pro-angiogeniche, ossia che hanno la capacità di formare nuovi vasi sanguigni per la diffusione del tumore, che possono alimentare la proliferazione delle cellule cancerose.

Al contrario, un’alimentazione ricca di fibre e caratterizzata da verdura, cereali integrali, legumi, pesce, frutta ed a basso contenuto di quei grassi dannosi per il nostro organismo è nota per il suo ruolo protettivo e per essere correlata, anche se modicamente, con una prognosi migliore.

L’utilizzo di integratori a base di antiossidanti durante la chemioterapia e la radioterapia dovrebbe invece essere scoraggiato a causa della possibilità di incentivare la refrattarietà delle cellule tumorali alle cure oncologiche.

Concludendo, se un tempo “chiudere la stalla quando i buoi erano scappati” era considerato poco utile tradotto in questo setting di patologia, oggi sappiamo che la dieta e lo stile di vita possono contribuire attivamente al giogo delle cure oncologiche standard.

FONTI

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/cancer
  2. https://www.aiom.it/i-numeri-del-cancro-in-italia/
  3. Sheean P, Kabir C, Rao R, Hoskins K, Stolley M. Exploring Diet, Physical Activity, and Quality of Life in Females with Metastatic Breast Cancer: A Pilot Study to Support Future Intervention. J Acad Nutr Diet. 2015 Oct;115(10):1690-8. doi: 10.1016/j.jand.2015.03.017. Epub 2015 May 12. PMID: 25975457; PMCID: PMC4584161.
  4. Hauner D, Janni W, Rack B, Hauner H. The effect of overweight and nutrition on prognosis in breast cancer. Dtsch Arztebl Int. 2011 Nov;108(47):795-801. doi: 10.3238/arztebl.2011.0795. Epub 2011 Nov 25. PMID: 22190993; PMCID: PMC3240779.
  5. Hauner H, Hauner D. The Impact of Nutrition on the Development and Prognosis of Breast Cancer. Breast Care (Basel). 2010;5(6):377-381. doi: 10.1159/000322648. Epub 2010 Dec 8. PMID: 21494402; PMCID: PMC3076349.
  6. Reggiani F, Bertolini F. Roles of obesity in the development and progression of breast cancer. Discov Med. 2017 Nov;24(133):183-190. PMID: 29278671.
  7. Bousquenaud M, Fico F, Solinas G, Rüegg C, Santamaria-Martínez A. Obesity promotes the expansion of metastasis-initiating cells in breast cancer. Breast Cancer Res. 2018 Sep 4;20(1):104. doi: 10.1186/s13058-018-1029-4. PMID: 30180888; PMCID: PMC6123990.

MEMORIA ASSICURATA CON SONNO E BUON UMORE

Un gruppo di ricercatori psicologi dell’Università della California a Riverside ha identificato tre fattori determinanti per la cosiddetta “memoria di lavoro”: età, sonno e umore. In particolare, riposare bene e tenere un tono dell’umore elevato, influisce positivamente su questa parte di memoria direttamente collegata alle nostre performance cognitive. Lo studio è stato pubblicato su Journal of the International Neuropsychological Society (luglio 2019). Vediamone i dettagli per comprendere il nesso tra i vari fattori.

COS’È LA MEMORIA DI LAVORO

La “memoria di lavoro” è quella parte della memoria a breve termine, che trattiene le informazioni in modo temporaneo, per poi gestirle per svolgere le attività cognitive. Questo tipo di memoria è anche legata all’apprendimento e alla capacità di ragionare, per cui ci guida nelle azioni che svolgiamo ogni girono come una sorta di navigatore. La memoria di lavoro mette in collegamento azioni, percezione e memoria a lungo termine, permettendoci così di eseguire diversi compiti nel nostro quotidiano.

Inoltre, questo tipo di memoria è fondamentale – oltre che per la comprensione e il ragionamento – anche per intelletto, linguaggio, capacità di pianificare azioni e risolvere un problema in modo creativo. Per analizzare la correlazione tra memoria di lavoro versus età, sonno e umore, i ricercatori hanno scorporato questi tre fattori, analizzandone i ruoli differenti e quantificandone gli effetti.

DUE STUDI A CONFRONTO

La ricerca scientifica, in passato, si era già occupata di analizzare le conseguenze che i tre fattori – età, sonno e umore – separatamente hanno sulla memoria. In questo nuovo studio, gli psicologi americani hanno voluto isolare statisticamente gli effetti dei singoli fattori considerati, messi in relazione con qualità e quantità della memoria di lavoro, ovvero quella che viene definita “capacità di memorizzazione”.

Nello specifico, sono stati condotti due studi separatamente. Nel primo sono stati presi in considerazione il ruolo del sonno e il tono dell’umore, su un gruppo di 110 studenti universitari. Nel secondo studio, invece, è stato analizzato il fattore età in un gruppo di 31 individui, dai 21 ai 77 anni. In entrambi i casi, i partecipanti sono stati sottoposti a test di valutazione delle performance cognitive legate alla memoria di lavoro.

QUALITÀ E QUANTITÀ DELLA MEMORIA MESSE A CONFRONTO

Dai risultati dei due studi messi a confronto emerge che i tre fattori analizzati (età, sonno e umore) hanno un ruolo differente sulla memoria di lavoro. In particolare, sonno e umore possono avere effetti quantitativi. Ovvero, se non ci si riposa abbastanza e, allo stesso modo, si soffre di umore depresso, diminuisce la quantità delle informazioni conservate e si riduce la probabilità di ricordare nel dettaglio un evento passato. Inoltre, insonnia e umore basso, anche singolarmente, peggiorano la memoria di lavoro. L’età, invece, influisce sulla qualità della memoria, vale a dire che i ricordi (emozioni, immagini etc.) appaiono sfocati e poco nitidi, come in una vecchia foto scolorita dal tempo.

I vari fattori, poi, sono anche collegati tra loro. Se si dorme poco e male si abbassa il tono dell’umore, come pure l’avanzare dell’età può essere messa in relazione a stati d’animo depressi. Inoltre, questo studio è un’ulteriore conferma dello stretto legame tra riposo e memoria. Infine, questa nuova indagine mette in luce come sonno e umore agiscono sulla memoria in modo indipendente l’uno dall’altro.

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

FONTI

Weizhen Xie, Anne Berry, Cindy Lustig, Patricia Deldin e Weiwei Zhang – Poor Sleep Quality and Compromised Visual Working Memory Capacity – Journal of the International Neuropsychological Society, July 2019

CAMMINARE VELOCE ALLUNGA LA VITA DI MOLTI ANNI

La giornata mondiale della salute mentale è un’iniziativa che si celebra il 10 Ottobre di ogni anno per promuovere la difesa della consapevolezza e della salute mentale contro gli stigmi sociali che condizionano la nostra qualità di vita. L’obiettivo di questa giornata è sensibilizzare i governi e la comunità evidenziando l’importanza di politiche sanitarie e azioni finalizzate a promuovere una migliore salute mentale a livello globale.

Camminare, è per il benessere e la salute uno dei migliori rimedi: aiuta a ridurre lo stress eliminando la depressione e la stanchezza, e migliora quindi anche la sfera emotiva.

Buone notizie per i “camminatori veloci” che vivono più a lungo rispetto a chi, invece, cammina lentamente; a prescindere dalla forma fisica e dal peso corporeo. A dimostrarlo è un nuovo studio portato avanti da un gruppo di ricercatori del NIHR (National Institute for Health Research) del Leicester Biomedical Research Center (una partnership fra gli ospedali di Leicester, l’University of Leicester e la Loughborough University). I risultati dell’indagine sono stati pubblicati sulla rivista Mayo Clinic Proceedings (giugno 2019).

UN’ANDATURA SPEDITA FA VIVERE A LUNGO, A PRESCINDERE DAL PESO

Si tratta della prima ricerca che ha messo in relazione l’andatura (lenta, media, spedita) della camminata con l’aspettativa di vita. Per farlo sono stati analizzati i dati (tra il 2006 e il 2016) presenti nella UK Biobank, che contiene informazioni biofisiche di 474.919 cittadini britannici, con età media di 58,2 anni e indice di massa corporea 26,7 kg/m2. Dall’analisi dei dati è emerso che le donne che camminano con un’andatura veloce hanno un’aspettativa di vita di 15 anni più lunga (ovvero 86,7-87,8 anni) rispetto alle loro coetanee che camminano lentamente (valore che scende a 72,4). Per il sesso maschile l’intervallo si allunga ulteriormente. Ovvero gli uomini che camminano a passo spedito vivono in media 22 anni di più (85,2-86,8 anni) rispetto a quelli che invece hanno un’andatura più lenta. I soggetti che invece hanno l’abitudine a camminare a ritmi lenti, hanno registrato un’aspettativa di vita molto ridotta rispetto ai “camminatori veloci”: 72,4 anni per le donne e 64,8 anni per gli uomini. Valori che rimangono invariati indipendentemente dal peso e dall’indice di massa corporea (BMI), anche in persone in sovrappeso e obese.

Tale rivelazione, secondo gli esperti, indica che la velocità della camminata e l’attività fisica sono migliori indicatori dell’aspettativa di vita rispetto all’indice di massa corporea. Questo, secondo gli esperti, può rappresentare un buon incoraggiamento per tutte le persone a camminare a passo spedito, con l’obiettivo di allungare anni di vita, oltre che migliorare la forma fisica e la salute in generale. Studi precedenti avevano osservato l’impatto del peso corporeo e della forma fisica sulla mortalità in termini di rischio relativo, concetto non sempre facile da interpretare. Mentre, considerare l’aspettativa di vita è più semplice da mettere in relazione all’attività fisica e all’indice di massa corporea, fornendo un’idea più concreta.

PASSEGGIARE NELLA NATURA OTTIMIZZA I BENEFICI

Il consiglio degli esperti, inoltre, è quello di praticare la camminata veloce all’aria aperta e nella natura. Passeggiare speditamente nel verde, infatti, ottimizza ulteriormente i benefici in termini di riduzione dello stress e presenza mentale. Tanto che, i ricercatori hanno anche scoperto che camminare nel verde migliora la capacità di ricordare le informazioni di quasi il 20% di più, mentre passeggiare in città sembrerebbe non sortire alcun effetto benefico da questo punto di vista. In ogni caso, il suggerimento di molti esperti è quello di praticare la camminata veloce almeno 30 minuti al giorno (approfittando anche degli spostamenti quotidiani) e lunghe sessioni (anche di due ore), nella natura durante il weekend.

FONTI

Francesco Zaccardi et al. – Comparative Relevance of Physical Fitness and Adiposity on Life Expectancy. A UK Biobank Observational Study – Mayo Clinic Proceedings (June 2019)

DON’T FEED THE TUMOR: UN PASSO PIÙ VICINI ALL’IMPIEGO DI DIETE MIMA DIGIUNO IN CAMPO ONCOLOGICO

È oramai noto che la vulnerabilità delle cellule tumorali nei confronti della deprivazione di specifici nutrienti è uno dei segni distintivi alla base del processo di formazione del tumore.

Quindi, perché non sfruttarlo a suo svantaggio?

Prosegue, infatti, la raccolta di prove a favore del ruolo del digiuno come strumento di cura in integrazione alle terapie farmacologiche standard, tradizionali e più innovative.

A tale proposito, nell’ambito del primo evento tematico in Oncologia Integrata su “Alimentazione, Nutraceutica e Metabolomica nei pazienti oncologici” organizzato dall’Ordine Nazionale dei Biologi il 23 Settembre (Delegazione Regionale Emilia Romagna e Marche, Delegazione Regionale Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta e Delegazione Regionale Toscana e Umbria) sono stati affrontati anche i possibili risvolti terapeutici dello storicamente noto elisir di lunga vita.

Nel dettaglio:

Un recente studio clinico di fase I/II, condotto all’IRCCS Policlinico San Martino di Genova in collaborazione con l’IFOM di Milano e pubblicato sulla rivista Cancers nel 2021, ha dimostrato che periodici cicli di una dieta che simula il digiuno sono ben tollerati e possono essere combinate in sicurezza ai trattamenti oncologici standard in pazienti affetti da svariati tipi di tumore. Nei 90 pazienti onco-ematologici a basso rischio nutrizionale arruolati nello studio, la dieta mima digiuno, quando abbinata ad opportuni consigli dietetici e di esercizio muscolare, ha dimostrato di preservare il peso e la forza muscolare, migliorando l’angolo di fase (un importante parametro bioelettrico con valenza prognostica nel paziente oncologico) e la massa magra, a discapito di quella grassa. Inoltre, lo studio ha testimoniato una riduzione dei livelli circolanti di fattori di crescita per le cellule tumorali (come IGF-1, leptina e c-peptide), persistenti anche dopo la sospensione della dieta mima digiuno.

A dimostrazione della sempre maggiore diffusione di questa pratica nella lotta contro i tumori, dai risultati preliminari di una survey sull’Oncologia Integrata condotta presso la Clinica Oncologica AOU Ospedali Riuniti di Ancona è emerso che circa un 10% dei 250 pazienti intervistati, si era sottoposto a digiuno o diete mima-digiuno in concomitanza ai trattamenti oncologici. Grazie al sondaggio è stato appreso che in più della metà dei casi il digiuno era avvenuto in concomitanza ai cicli di terapia e la quasi totalità dei pazienti ha dichiarato di averne tratto un beneficio da moderato ad elevato.

Questi numeri sono in linea con quelli pubblicati già nel 2019 sul The British Journal of Health Psychology. In questo lavoro del Montpellier Cancer Institute, l’11% delle pazienti affette da tumore al seno intervistate si erano autonomamente sottoposte ad un digiuno della durata di almeno 24h durante la chemioterapia. Senza tralasciare gli aspetti di ordine psicologico, la ragione principale di tale scelta, come dichiarato dalle pazienti, era legata alla volontà di ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia e, al contempo, riacquisire un senso di controllo sul processo di cura partecipandovi attivamente attraverso la scelta del digiuno.

Le crescenti evidenze scientifiche non consentono ad oggi l’impiego di digiuno e diete mima digiuno come cure standard in Oncologia, tuttavia forniscono solide prove a supporto della loro adozione, in pazienti selezionati, in integrazione ai trattamenti oncologici già validati dalle linee guida nazionali ed internazionali.

I dati sempre più incoraggianti provenienti dalla ricerca clinica e la grande attenzione rivolta dai pazienti oncologici a queste tematiche ci permettono già di guardare alla Scienza della Nutrizione come a un trattamento di precisione nell’Oncologia di oggi.

Fonti:

 

  • Ward PS, Thompson CB. Metabolic reprogramming: a cancer hallmark even warburg did not anticipate. Cancer Cell. 2012 Mar 20;21(3):297-308. doi: 10.1016/j.ccr.2012.02.014. PMID: 22439925; PMCID: PMC3311998.
  • Valdemarin F, Caffa I, Persia A, Cremonini AL, Ferrando L, Tagliafico L, et al . Safety and Feasibility of Fasting-Mimicking Diet and Effects on Nutritional Status and Circulating Metabolic and Inflammatory Factors in Cancer Patients Undergoing Active Treatment. Cancers (Basel). 2021 Aug 9;13(16):4013. doi: 10.3390/cancers13164013. PMID: 34439167; PMCID: PMC8391327.
  • Mas S, Le Bonniec A, Cousson-Gélie F. Why do women fast during breast cancer chemotherapy? A qualitative study of the patient experience. Br J Health Psychol. 2019 May;24(2):381-395. doi: 10.1111/bjhp.12358. Epub 2019 Mar 1. PMID: 30825263.