Il progetto “sCoolFood. Per un futuro di tutto rispetto”: un kit per le scuole secondarie di primo e secondo grado grazie alla collaborazione con la Fondazione Monte dei Paschi.

Gli anni delle scuole secondarie di primo grado sono centrali alla transizione dei ragazzi dall’infanzia all’adolescenza, un’età critica caratterizzata da nuove emozionanti esperienze ma anche numerose sfide. Per coloro che affrontano un periodo così rilevante per lo sviluppo, la pandemia da COVID-19 ha avuto numerose conseguenze negative, ponendo ostacoli alla crescita a livello sia scolastico che sociale. Così come per i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado, le statistiche suggeriscono infatti un aumento dei casi di disturbi alimentari e di ansia nei ragazzi, causati da sedentarietà, stress e ridotte risorse economiche familiari.

 

A fronte di queste problematiche, Fondazione Valter Longo ONLUS si è dedicata all’elaborazione due kit didattici, uno per le scuole secondarie di primo grado e l’altro per quelle di secondo grado, grazie alla collaborazione con la Fondazione Monte dei Paschi, che da anni sostiene l’iniziativa didattica “sCool Food. Per un futuro di tutto rispetto”, finalizzata allo sviluppo di competenze di cittadinanza globale tra i giovani studenti. In questo ambito, Fondazione Valter Longo ha proposto due kit intitolati “Nutrizione, Salute e Longevità Sana” al fine di promuovere tra gli studenti un regime alimentare più salutare e un adeguato approccio all’esercizio fisico, volti a una vita sana e longeva vissuta nel rispetto del proprio corpo e dell’ambiente.

 

Il kit per le scuole secondarie di primo grado, costituito da cinque moduli principali e cinque moduli di approfondimento, sarà presentato in un totale di dieci incontri, mediati da un docente durante l’orario scolastico. I contenuti di ogni modulo saranno basati sulla promozione di alcuni tra i “Sustainable Development Goals” stabiliti e diffusi dall’ONU a partire dal 2015, con un focus particolare sull’obiettivo “Salute e benessere”. Gli argomenti toccati dal progetto della Fondazione sono temi sensibili e popolari tra i ragazzi delle scuole medie, ma anche importanti per la loro formazione e il loro futuro. In particolare, i cinque macro argomenti trattati saranno 1) “Nutrizione, Stile di Vita e Salute”, con una generale introduzione all’importanza del condurre uno stile di vita sano e di alimentarsi correttamente, 2) “Dieta Mediterranea e Dieta della Longevità” e i principi di un regime alimentare sano, 3) “Esercizio Fisico”, focalizzandosi sull’importanza dell’attività fisica e la corretta alimentazione prima e dopo di essa, 4) “Nutrizione e Ambiente”, informando e sensibilizzando i ragazzi sull’importanza e sull’impatto di come mangiamo e viviamo sull’ambiente, e 5) “Longevità Sana”, concludendo il percorso parlando di longevità, stile di vita dei centenari e le cosiddette “Zone blu” del mondo dove vive un’alta percentuale di centenari. Il kit per le scuole secondarie di secondo grado affronta i medesimi argomenti adattandoli a un pubblico di diversa età. Entrambi i kit sono accompagnati da attività pratiche, coinvolgenti, creative ed interattive da realizzare in classe, in gruppo, per mettere direttamente in pratica gli insegnamenti ricevuti e le informazioni acquisite. Il tutto viene realizzato all’insegna del dialogo, del confronto e dell’edutainment (education + entertainment), cioè apprendere attraverso il gioco e l’intrattenimento.

 

Per ulteriori informazioni e rimanere aggiornati riguardo i programmi per le scuole, bambini, ragazzi e famiglie della Fondazione Valter Longo Onlus, visitate il sito web della Fondazione www.fondazionevalterlongo.org e iscrivetevi alla newsletter. Per informazioni maggiormente dettagliate, contattate l’Area Programmi al seguente email: [email protected]

BERE TROPPI ENERGY DRINK FA MALE AL CUORE

BERE TROPPI ENERGY DRINK FA MALE AL CUORE

Aumenta il consumo di bevande energetiche analcoliche e con esse anche i rischi per la salute cardiaca. Sempre più adolescenti, ma anche molti adulti, fanno uso di energy drink per reggere serate in discoteca o notti di studio full-immersion, oppure semplicemente per sostenere giornate impegnative. Secondo i più recenti dati europei dell’Efsa (European Food Safety Authority) 7 giovani su 10 (di età compresa tra 10 e 18 ani) e 3 adulti su 10, assumono queste bevande.

COSA SONO GLI ENERGY DRINK

Prima di entrare nel dettaglio della ricerca scientifica considerata, c’è da fare una precisazione su che cosa siano esattamente le bevande energetiche. Ovvero bibite che contengono diverse tipologie di sostanze stimolanti, come caffeina, taurina, carnitina, vitamine del gruppo B etc. Da distinguere, invece, con le bevande sportive (sport drink) che contengono solo sali minerali, senza sostanze eccitanti. Riguardo la caffeina, per esempio, l’Efsa (European Food Safety Authority) ha stabilito che il limite massimo è di 400 mg al giorno. Quantità presente in 5 tazzine di caffè espresso. Per quanto riguarda gli energy drink c’è da sapere che, in generale, una lattina da 25 cl contiene la stessa quantità di caffeina presente in un espresso.

COSA DICE LO STUDIO

Bere quasi 1 litro di energy drink, in un breve intervallo di tempo, innalza la pressione sanguigna e aumenta il rischio di alterazioni del ritmo cardiaco. A dimostrarlo è uno studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association (maggio 2019). Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Sachin A. Shah – docente di pratica farmaceutica dell’University of the Pacific di Stockton in California (USA). Sono stati reclutati 34 volontari sani (di età compresa tra 18 e 40 anni), divisi in due gruppi. Al primo sono stati dati due diversi tipi di energy drink, in una quantità pari a 32 once che corrispondono a circa 95 cl (ovvero quasi 4 lattine da 25 cl), da bere nell’arco di circa 1 ora per 3 giorni consecutivi. Al secondo gruppo, invece, è stata data una bevanda placebo (contenente acqua gasata, succo di limone e altri aromi)

I partecipanti all’esperimento che hanno assunto le bevande energetiche, in quantità elevata e nel breve intervallo di tempo considerato, hanno registrato un’alterazione nella frequenza cardiaca. Nello specifico, è cambiato l’intervallo QT (che misura il tempo che i ventricoli impiegano a generare un nuovo battito cardiaco). Chi ha bevuto gli energy drink, dopo 4 ore dall’assunzione, ha visto un aumento significativo dell’intervallo QT (da 6 a 7,7 millisecondi) rispetto a chi ha bevuto la bevanda placebo. Questa condizione, come conseguenza diretta, può portare a un’alterazione del ritmo cardiaco, fino a sviluppare un’aritmia.

MEGLIO EVITARE O LIMITARE IL CONSUMO DI ENERGY DRINK

Inoltre, negli individui del gruppo che hanno bevuto i due energy drink, è stato rilevato anche un aumento della pressione sanguigna (sia sistolica sia diastolica) da 4 a 5 mm Hg. Effetto che potrebbe essere collegato in parte all’assunzione di caffeina. Rimane da considerare l’effetto degli altri stimolanti contenuti nelle bevande energetiche. In attesa di nuovi studi a riguardo, l’indicazione degli esperti è quella di evitare o limitarne il consumo. Come pure medici e operatori sanitari dovrebbero dare indicazioni in tal senso.

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

FONTI

Sachin A. Shah et Al. – Impact of High Volume Energy Drink Consumption on Electrocardiographic and Blood Pressure Parameters: A Randomized Trial – Journal of the American Heart Association, May 2019

IL DANNO AL CERVELLO DA ALCOL PROSEGUE ANCHE IN ASTINENZA

La dipendenza da bevande alcoliche causa danni cerebrali anche dopo avere smesso di bere. È quanto dimostra un nuovo studio pubblicato su Jama Psichiatry (aprile 2019). La ricerca è stata condotta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Neuroscienze di Alicante (Spagna) e dell’istituto Centrale di Salute Mentale di Mannheim (Germania), con l’intento di valutare l’effetto della disassuefazione da alcol sul cervello, in un gruppo di ex-alcolizzati, sottoposti a disintossicazione, monitorati nella fase di astinenza.

LE ALTERAZIONI CEREBRALI CONTINUANO UN MESE E MEZZO DOPO

Per arrivare a queste rivelazioni, nello studio sono stati arruolati due gruppi distinti di partecipanti. Un primo campione di 90 individui, uomini con età media di 46 anni, ricoverati per essere disintossicati dalla dipendenza da alcol; un secondo campione di 36 soggetti sani, sempre uomini con età media di 41 anni, ingaggiati come gruppo di controllo. I pazienti ex-alcolisti arruolati nella sperimentazione, erano monitorati durante il periodo di astinenza, poiché stavano seguendo un programma senza assunzione di alcol.

La salute cerebrale di tutti i partecipanti è stata valuta attraverso risonanza magnetica (RM). Dall’analisi incrociata delle RM, dei pazienti ex-alcolisti in astinenza e del gruppo di controllo di soggetti sani, è risultato che i danni al cervello del primo gruppo sono proseguiti per le 6 settimane successive all’assunzione dell’ultimo bicchiere. Un mese e mezzo in cui sono stati registrati ancora alterazioni a livello della sostanza bianca (l’insieme di fibre che collegano le diverse arre cerebrali). Le modificazioni più rilevanti sono state osservate nel corpo calloso – che mette in comunicazione i due emisferi – e nella fimbria – deputata alla connessione di ippocampo, nucleus accumbens e corteccia prefrontale, a loro volta strutture fondamentali per determinate funzioni cerebrali. Dove l’ippocampo è importante per la formazione dei ricordi, il nucleus accumbens è coinvolto nel sistema di ricompensa (da cui si innesca il meccanismo compulsivo di bere) e la corteccia prefrontale, deputata ai processi legati alle decisioni.

A conferma di ciò, i ricercatori hanno condotto un’indagine parallela anche sui topi. Sono stati presi in esame due gruppi di muridi con una propensione genetica al consumo di etanolo: uno dei quali è stato esposto alla sostanza, l’altro no. Gli studiosi hanno così potuto osservare i cambiamenti che avvengono a livello cerebrale prima e dopo la dipendenza da alcol. Anche in questo caso, le risonanze magnetiche sui topi dipendenti da alcol, hanno rivelato che i danni al cervello progrediscono anche nel periodo di astinenza. Anche nei topi, le lesioni cerebrali riguardano soprattutto area frontale ed emisfero destro.

L’INDAGINE CONTINUA

Si tratta del primo studio nel quale si attesta che il danno al cervello prosegue anche nel periodo successivo all’alcolismo, ovvero nella fase di astinenza. Studi precedenti, infatti, avevano dimostrato che l’assunzione eccessiva di bevande alcoliche deteriora la zona terminale dei neuroni (i dendriti), compromettendo la comunicazione tra cervello e corpo. Processo che seppur deleterio era stato dimostrato essere reversibile.

Il prossimo obiettivo dei ricercatori sta nell’identificare meglio i processi infiammatori e degenerativi a livello cerebrale che stanno alla base dei danni osservati in questo studio nella fase iniziale di astinenza di soggetti con dipendenza da alcol. Inoltre, si vuole allargare l’osservazione anche alle donne.

FONTI

Silvia De Santis et AL. – Microstructural White Matter Alterations in Men With Alcohol Use Disorder and Rats With Excessive Alcohol Consumption During Early Abstinence – JAMA Psychiatry (April 2019)

OFFERTE AL SUPERMERCATO: SPESSO I PRODOTTI MENO SALUTARI E CHE FANNO INGRASSARE

Uno studio condotto in Gran Bretagna dal Cancer Research UK rivela che circa la metà dei prodotti in offerta è piena di grassi, zucchero e sale (indicati con la sigla HFSS – High Fat, Sugar or Salt), tutte sostanze che portano a un aumento di peso. Il junk food è una vera e propria piaga, soprattutto nei paesi anglosassoni, tanto che questa indagine è stata ideata proprio per trovare nuove prove sul legame tra la promozione dei prodotti a prezzi scontati, l’acquisto di cibi e bevande meno salutari, sovrappeso e obesità nel Regno Unito.

SOTTO ACCUSA MERENDINE, SNACK DOLCI E SALATI, BIBITE GASATE

Per portare avanti questa ricerca, sono state analizzate le abitudini di 160mila famiglie inglesi. È risultato che il 30% di cibi e bevande acquistati sono in offerta speciale. Inoltre, circa il 50% di questi prodotti sono alimenti poco salutari, come merendine a base di cioccolato, bibite analcoliche zuccherate, snack salati, popcorn e patatine. Da qui la deduzione che ci sia una correlazione tra prodotti a prezzo ridotto e aumento dell’acquisto di junk food, il cui eccessivo consumo porta all’aumento del rischio di obesità.

Il report del Cancer Research UK mostra che i consumatori che hanno acquistato circa il 40-80% di prodotti scontati, hanno anche una maggiore probabilità di essere in sovrappeso. Tanto che l’obesità è risultata quasi il 30% maggiore tra gli individui facenti parte delle famiglie che hanno acquistato un maggior numero di alimenti e bevande in offerta, rispetto invece a chi non ne aveva acquistato nemmeno uno.

LA SOLUZIONE STA NEL RIDURRE LE OFFERTE SUL JUNK FOOD

Lo studio, infatti, dimostra che un utilizzo smodato di offerte promozionali per i prodotti alimentari, in Gran Bretagna, è associato a un aumento del numero di soggetti in sovrappeso, fino a portare all’obesità. Inoltre, questo aumento di acquisto di prodotti in offerta è anche associato all’acquisto di categorie alimentari ad alto contenuto di grassi, zucchero e sale (HFSS) a discapito di alimenti più sani, come frutta e verdura. È quanto afferma Peter Scarbough, professore associato del Nuffield Department of Population Health alla University of Oxford.

Ecco perché il Cancer Research UK ha invitato i governi (britannico, scozzese e gallese) ad agire, esortandoli ad adottare limitazioni su offerte e sconti dei prezzi riferiti ai prodotti meno salutari. Oltre che raccomandare anche l’introduzione di restrizioni sulle promozioni basate sulla posizione di questi prodotti che sono collocati all’ingresso, alla fine dei corridoi e alle casse di negozi e supermercati.

FONTI

Paying the price – New evidence on the link between pricepromotions, purchasing of less healthy food and drink, and overweight and obesity in Great Britain

UN’ALIMENTAZIONE SANA PREVIENE LA DEMENZA SENILE

Un’alimentazione sana e bilanciata fa bene alla nostra salute, sotto vari aspetti. Ecco perché gli scienziati, soprattutto negli ultimi anni, si stanno concentrando nello studio dei benefici di alcune diete salutari. In particolare, la Dieta Mediterranea è quella che viene indagata maggiormente, insieme ad altre. Di recente, è stato pubblicato su Neurology (marzo 2019) un nuovo studio che dimostra come regimi alimentari sani influiscono positivamente sulla funzione cognitiva, prevenendo forme di demenza senile.

TRE DIVERSI REGIMI ALIMENTARI SANI MESSI A CONFRONTO

Si tratta di un’indagine condotta, nell’arco di 30 anni, da un team di ricercatori della Queen’s University di Belfast, in Irlanda del Nord. Sono stati coinvolti oltre 2.600 individui adulti (uomini e donne), con un’età media di 25 anni, all’inizio dello studio, fino ai 45 anni, al termine dell’indagine. I partecipanti sono stati interrogati sulle loro abitudini alimentari all’inizio dello studio e, in seguito, 7 e 20 anni dopo. Gli stessi individui, poi, hanno risposto a test cognitivi altre due volte: a 50 e, poi, ancora a 55 anni d’età. I partecipanti sono stati catalogati in tre diversi gruppi di aderenza (bassa, media, alta), a seconda di quanto la loro dieta si avvicinasse a 3 differenti regimi alimentari considerati sani.

Per farlo, sono stati considerati i seguenti protocolli alimentari salutari: MedDiet (la classica Dieta Mediterranea), dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension – ideata contro l’ipertensione, come parte dello studio denominato CARDIA) e la dieta APDQS (dieta con punteggio di qualità alimentare A Priori). Nella MedDiet prevale il consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, noci, grassi insaturi, pesce grasso e olio d’oliva; mentre carne rossa, pollame e latticini ad altro contenuto di grassi sono limitati. La dieta DASH consiste in frutta, verdura, cereali integrali, legumi, latticini a basso contenuto di grassi e frutta secca, limiti sul consumo di pesce, pollame, carne rossa, grassi totali e saturi, sale e dolci. La dieta APDQS comprende frutta, verdura, legumi, latticini a basso contenuto di grassi, pesce e alcol moderato; con limiti su latticini ad altro contenuto di grassi, cibi fritti, snack salati, dolci e bibite zuccherate.

LA DIETA MEDITERRANEA RISULTA TRA LE PIÙ SANE

I risultati hanno indicato una migliore salute cognitiva con la Dieta Mediterranea e la dieta APDQS, mentre non sono stati misurati benefici rilevanti per chi aveva seguito la dieta DASH. In particolare, il gruppo con alta aderenza per la MedDiet ha mostrato il 46% in meno di probabilità di avere scarse capacità di pensiero, rispetto ai partecipanti con bassa aderenza alla dieta mediterranea. D’altro canto, gli individui con alta aderenza alla dieta APDQS hanno mostrato il 52% in meno di probabilità di avere scarse capacità di pensiero, rispetto a chi aveva scarsa aderenza alla dieta. I dati emersi, inoltre, sono stati adattati anche per fattori che sono in grado di influenzare la funzione cognitiva come attività fisica, livello di istruzione e fumo.

Non è ben chiaro il motivo per cui la dieta DASH non abbia mostrato un vantaggio cognitivo. Un’ipotesi è che la dieta DASH non prenda in considerazione l’assunzione moderata di alcol come parte del regime alimentare, rispetto alle altre due diete. È, quindi, probabile che il consumo moderato di alcol, integrato a una dieta sana, possa essere un fattore importante per la salute cerebrale di mezza età. Gli esperti dichiarano che sono necessari ulteriori approfondimenti scientifici, attraverso nuove ricerche, per identificare le giuste combinazioni di alimenti e sostanze nutritive che favoriscono e sostengono la funzione cognitiva. Anche se non conosciamo il modello dietetico ideale per la salute del cervello, seguire una dieta sana per il cuore può essere un modo efficace per diminuire il rischio di sviluppare problematiche cognitive, legate a pensiero e memoria, mentre invecchiamo, come prevenzione all’insorgenza di demenze senili.

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

FONTI

Claire T. McEvoy, Tina Hoang, Stephen Sidney, Lyn M. Steffen, David R. Jacobs, James M. Shikany, John T. Wilkins, Kristine Yaffe – Dietary patterns during adulthood and cognitive performance in midlife – Neurology (March 2019)

PROPRIETÀ E FONTI DI VITAMINA D

La vitamina D è una sostanza liposolubile, ovvero si scioglie nei grassi. Detta anche calciferolo, è presente nel nostro organismo in due forme: ergocalciferolo (D2) e colecalciferolo (D3). La D2 è presente nei vegetali e viene sintetizzata dalle piante tramite la fotosintesi; la D3 è si trova nei prodotti animali ed è assimilata attraverso la pelle grazie all’esposizione ai raggi solari.

A COSA SERVE LA VITAMINA D

La vitamina D svolge funzioni vitali per il nostro organismo. La D3 favorisce la sintesi degli ormoni del “buon umore” (endorfine, serotonina e dopamina). Una sua carenza, infatti, può determinare malessere e abbassamento del tono dell’umore, fino a determinare stati depressivi. La vitamina D fa bene al cervello, poiché previene anche l’insorgere di malattie neuro-degenerative come Alzheimer e Parkinson.

 

La vitamina D è indispensabile per l’apparato scheletrico, poiché favorisce assorbimento e deposito di calcio e fosforo nelle ossa. Da un lato, contribuendo alla loro formazione, dall’altro le mantiene forti e sane, prevenendo fratture e osteoporosi. Inoltre, la vitamina D fa bene anche ai muscoli, poiché ne migliora la tonicità e conferisce forza. La vitamina D stimola il sistema immunitario, aiuta a prevenire le infezioni e abbassa l’infiammazione. Tanto che può avere un effetto preventivo anche su malattie autoimmuni. Alcuni studi sembrano addirittura dimostrare che la vitamina D abbia anche un effetto protettivo anti-tumorale.

Recenti studi attestano che la vitamina D è benefica per il sistema cardio-circolatorio, poiché contribuisce ad abbassare la pressione arteriosa e ridurre il rischio di patologie cardio-vascolari. Inoltre, è utile nel contrastare il diabete di tipo 2, dato che è coinvolta nella sintesi dell’insulina. Sembra poi che la vitamina D abbia anche un effetto dimagrante. Da un lato, favorendo la produzione di leptina, che dona sazietà dopo i pasti, attenuando il senso di fame. Dall’altro, abbassando la concentrazione di citochine, che causano l’aumento di cellule adipose. A livello cutaneo, poi, è utile all’epidermide.

QUALI SONO LE FONTI DI VITAMINA D

La principale fonte di vitamina D per il nostro organismo è la luce solare, che ne permette la sintesi grazie all’esposizione ai raggi UV. Si tratta della forma D3, assimilata attraverso l’epidermide (80%). È sufficiente esporre viso, braccia e mani alla luce diretta del sole e all’aperto, ma non attraverso vetri o finestre, che schermano i raggi. Il tempo di esposizione varia in base a fototipo, stagione e latitudine. In estate bastano 15 minuti al giorno; in inverno fino a 30 minuti. Le creme solari riducono l’efficacia dei raggi UV e, quindi, l’assimilazione di vitamina D, ma gli esperti consigliano di usare una protezione adeguata, soprattutto nelle ore centrali della giornata, per scongiurare problematiche anche gravi della pelle.

IN QUALI ALIMENTI SI TROVA LA VITAMINA D

La vitamina D viene introdotta nel nostro organismo anche attraverso il cibo, seppur in minima parte (20%). I prodotti di origine animale ne contengono di più sotto forma di D3. La vitamina D si trova principalmente nel pesce azzurro (salmone, tonno, sgombro, sardine, aringhe, acciughe etc.), ma anche in pesce spada, trota e molluschi. La vitamina D si trova nel tuorlo d’uovo e nei latticini (in particolare nello yogurt). Nei vegetali la vitamina D è presente nella forma D2. Cereali integrali, frutta secca (mandorle, noci), funghi (maitake, shitake, gallinacci, champignon e porcini), fagioli e verdure a foglia verde (spinaci, bietola, cicoria, cavolo nero) contengono vitamina D. Inoltre, in commercio si trovano latti vegetali addizionati di vitamina D: soia, cocco, mandorle e riso.

IL FABBISOGNO DI VITAMINA D

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D dovrebbe essere di 15 mgc per bambini, adolescenti, adulti, in gravidanza e durante l’allattamento e di 20 mcg per gli adulti oltre i 75 anni. In caso di carenza, oltre a introdurla con l’alimentazione, anche con cibi addizionati e integratori come l’olio di fegato di merluzzo, è fondamentale assicurarsi un’adeguata esposizione al sole.

FONTI

LA DIETA MEDITERRANEA MIGLIORA LE FUNZIONI CEREBRALI

Le persone affette da Diabete di tipo 2 nel mondo sono sempre di più, a causa di diete squilibrate, stile di vita sedentario e obesità. Tutti fattori che portano a sviluppare la malattia diabetica. Diverse ricerche scientifiche, infatti, attestano che seguire modelli alimentari di tipo “occidentale”, ricchi di carni rosse, cereali raffinati, dolciumi e cibi trasformati porta ad aumentare il rischio di diabete di tipo 2. Mentre seguire regimi alimentari salutari, ricchi di verdure, ma poveri di carni rosse e latticini, invece, riduce il rischio di sviluppare il diabete. Un nuovo studio ha analizzato la relazione della dieta mediterranea con le funzioni cognitive nelle persone affette da diabete di tipo 2. Si tratta del Boston Puerto Rican Health Study, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Diabetes Care (maggio 2019).

DIETA MEDITERRANEA, DIABETE E CAPACITÀ COGNITIVA

Sono svariati gli studi scientifici in cui è stato analizzato il collegamento della dieta mediterranea con la salute di cuore e cervello, oltre che la minore incidenza di diabete di tipo 2. Recentemente, un gruppo di ricercatori statunitensi dell’Harvard TH Chan School of Public Health di Boston ha concentrato le indagini sui benefici cognitivi che la dieta mediterranea può generare, in modo differente, su diabetici e non-diabetici.

 

Si parte dal presupposto che una dieta mediterranea, costituita da largo consumo di verdura, frutta, cereali integrali, legumi, pesce e olii ricchi di grassi sani, rappresenta un regime alimentare benefico per tutti, indipendentemente da essere affetti o meno da diabete. I cibi caratteristici della dieta mediterranea, infatti, sono ricchi di vitamine e minerali, antiossidanti che riducono infiammazione e ossidazione delle cellule neuronali e, quindi, fondamentali per il sostegno della funzione cerebrale. Inoltre, nei diabetici seguire una dieta mediterranea, oltre a tenere sotto controllo i livelli di glicemia, può migliorare le funzioni cognitive.

 

ANALISI DI ABITUDINI ALIMENTARI IN RELAZIONE A SALUTE DEL CERVELLO

I ricercatori hanno monitorato per 2 anni 913 individui, di cui il 46% era affetto da diabete di tipo 2. Sono state prese in considerazione le abitudini alimentari e, tramite specifici test attitudinali, sono state analizzate memoria, funzione cognitiva e funzione esecutiva. Per quanto riguarda le valutazioni dietetiche, gli studiosi hanno attribuito dei punteggi al tipo di regime alimentare seguito dai partecipanti, in relazione al consumo di cibi tipici della dieta mediterranea e altri due programmi alimentari per la salute del cuore, tra cui la dieta DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension), consigliata dall’American Heart Association, anch’essa ricca di frutta, verdura, cereali integrali e latticini magri, con moderate quantità di legumi, frutta secca, semi oleosi, pesce e carni bianche, limitando carne rossa, cibi fritti e dolciumi.

Dall’analisi dei dati risulta che nei soggetti sani (senza diabete) una stretta aderenza nel seguire la dieta mediterranea è stata collegata a miglioramenti nella memoria, ma non a variazioni nella funzione cognitiva. Nei soggetti diabetici, invece, l’aderenza alla dieta mediterranea ha risvolti positivi su una vasta gamma di funzioni nella salute cerebrale a livello generale. In particolare, chi aveva seguito strettamente il regime alimentare mediterraneo, ha avuto miglioramenti e benefici a livello della funzione cognitiva, nel riconoscimento delle parole e abilità nel clock-drawing test (utilizzato per identificare segni di problematiche neurologiche, come forme di demenza e morbo di Alzheimer).

ANCHE IL CONTROLLO DELLA GLICEMIA È IMPORTANTE PER IL CERVELLO

Inoltre, tra i partecipanti affetti da diabete, i benefici sul cervello, grazie alla dieta mediterranea, sono stati osservati nei soggetti che avevano livelli di glicemia stabili, fin dall’inizio dello studio oppure che hanno avuto miglioramenti di questo parametro ematico nel corso dei 2 anni dell’indagine. Mentre non sono stati rilevati benefici a livello neuronale negli individui diabetici che non avevano i livelli di glucosio sotto controllo. Gli esperti concludono dicendo che sia l’aderenza alla dieta mediterranea sia il controllo della glicemia, porta miglioramenti della funziona cognitiva nei soggetti diabetici.

FONTI

Mattei J. et Al. – The Mediterranean Diet and 2-Year Change in Cognitive Function by Status of Type 2 Diabetes and Glycemic Control – Diabetes Care (May 2019)

PROPRIETÀ E FONTI DI OMEGA 3

omega 3

Gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga sono suddivisi in due categorie: omega 3 e omega 6. Classificati in base alla loro struttura chimica, rispetto alla posizione dell’ultimo doppio legame: omega 3 in corrispondenza del terzo atomo di carbonio o omega 6 sul sesto atomo di carbonio.

COSA SONO GLI OMEGA 3

Si definiscono acidi grassi essenziali dato che il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli, ma sono necessari per importanti funzioni fisiologiche e, quindi, vanno introdotti con l’alimentazione. Omega 3 e omega 6 hanno ciascuno un metabolismo indipendente, con vie biochimiche distinte, poiché non possono essere trasformati l’uno nell’altro. I precursori degli acidi grassi essenziali sono rispettivamente: acido alpha-linoleico (ALA) per gli omega 3 e acido linoleico (LA) per gli omega 6. Il loro meccanismo di azione si fonda sulla trasformazione in sostanze biologicamente attive, gli eicosanoidi, distinti a loro volta in tre categorie di molecole: leucotrieni, trombossani e prostaglandine. I principali derivati dell’acido alpha-linoleico sono EPA (acido eico-penta-enoico) e DHA (acido doco-saesa-enoico).

QUALI SONO LE FUNZIONI DEGLI OMEGA 3

Gli omega 3 intervengono in svariate funzioni fisiologiche, con effetti positivi su diversi apparati corporei. Gli acidi grassi essenziali, per esempio, sono componenti fondamentali delle membrane plasmatiche, tanto che ne favoriscono fluidità ed elasticità, con un miglioramento della funzione endoteliale. Ecco perché sono importanti per il benessere della pelle, soprattutto in caso di problematiche dermatologiche, come dermatiti e psoriasi. Inoltre, svolgono un ruolo importante anche per la salute della retina e dell’apparato riproduttivo. Gli omega 3, inoltre, sono indispensabili per lo sviluppo del sistema nervoso nell’embrione e durante la crescita, come pure garantiscono il funzionamento cerebrale in generale. Tanto che sono utili nel ridurre l’insorgenza di stati depressivi e nella prevenzione di demenze senili lievi e morbo di Alzheimer.

A livello cardio-vascolare, hanno effetti benefici nel regolare pressione arteriosa e ritmi cardiaci, oltre che conferire elasticità alle pareti dei vasi sanguigni. Inoltre, svolgono un’azione di anti-aggregazione piastrinica, riducendo la formazione di coaguli a causa di placche aterosclerotiche, diminuendo il rischio di trombosi. Inoltre limitano i livelli di trigliceridi e colesterolo cattivo (LDL), con effetto preventivo nei confronti di patologie cardio-vascolari. Gli omega 3, infine, sono particolarmente utili nel contrastare stati infiammatori e malattie autoimmuni come artrite reumatoide, colite ulcerosa e morbo di Chron. Si è visto, inoltre, che sono implicati anche nel ridurre il rischio di altre patologie croniche, come diabete e tumori.

IN QUALI ALIMENTI SI TROVANO GLI OMEGA 3

I vegetali contengono principalmente omega 3 ALA, che si trovano soprattutto in frutta secca (come noci, mandorle, anacardi etc.), semi oleosi (soprattutto semi di lino, chia, girasole e zucca) e nei rispettivi oli vegetali (particolarmente concentrati nell’olio di semi di lino), oltre che nell’olio di soia e nell’olio extra-vergine di oliva, rigorosamente spremuti a freddo e da assumere a crudo. Altre fonti vegetali di omega 3 sono legumi (in particolare, soia, fagioli cannellini e dell’occhio) e bevande vegetali (mandorla e avena). 

Gli alimenti di origine animale, invece, contengono omega 3 a catena lunga EPA e DHA. In particolare, si trovano concentrati nel grasso dei pesci azzurri che vivono nei mari freddi (aringa, halibut, sgombro, merluzzo, salmone, sardine, tonno, pesce spada, acciughe, sogliola, platessa etc.) e anche pesci di lago e torrenti come trota e coregono. Un buon contenuto di acidi grassi è presente anche in molluschi (cozze, ostriche, capesante, polpo) e crostacei (aragosta, gamberi).

COSA SUCCEDE IN CASO DI CARENZA DI OMEGA 3

Il fabbisogno giornaliero di EPA e DHA è di 250 mg al giorno. I sintomi legati a un deficit di acidi grassi essenziali sono vari. Nei bambini possono determinare problemi di crescita, iperattività e disturbi comportamentali, fino a Disturbo da Deficit di Attenzione (ADHD). Negli adulti si rilevano eruzioni cutanee, stati infiammatori, disturbi cardio-vascolari e altre malattie cronico-degenerative. In caso di carenza, è consigliato assumere integratori alimentari, sotto forma di gellule che contengono olio di fegato di merluzzo, oppure olio di sardine o salmone, sotto controllo medico o dietro indicazione di un nutrizionista.

>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.

 

FONTI

LA FINE DELL’ANNO SCOLASTICO TRA SFIDE E OPPORTUNITÀ PER LA SALUTE DEGLI STUDENTI

fine scuola

Giugno 2021. La Fondazione Valter Longo ONLUS ripercorre le attività realizzate per le scuole italiane durante l’anno scolastico 2020-1 e delinea nuovi obiettivi e progetti futuri.

Scuola e pandemia: dati sul calo della salute fisica e mentale degli studenti 

La pandemia Covid-19 ha influenzato profondamente tutti gli aspetti della vita degli adolescenti, dalla vita scolastica alle interazioni sociali e dall’alimentazione all’attività fisica. Secondo i dati UNESCO e numerose nuove ricerche, la chiusura delle scuole ha avuto molteplici conseguenze negative, tra cui minori opportunità di crescita personale, maggiore stress e nuove sfide presentate dal passaggio alla didattica a distanza, dall’isolamento sociale e dal peggioramento delle abitudini alimentari.

Negli Stati Uniti, la didattica online è associata a un deterioramento della salute mentale degli studenti e alla diffusione dei disturbi alimentari: da marzo 2020, la National Eating Disorders Association help line ha registrato un aumento del 40% delle richieste di assistenza, spesso da parte di ragazzi di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Molti studenti hanno riportato episodi di fame emotiva causata da noia, stress e un continuo accesso al cibo dato dal trascorrere la giornata tra le mura di casa1. In aggiunta, numerosi ragazzi che precedentemente impiegavano il loro tempo in attività scolastiche ed extracurriculari, costretti nella dimensione domestica, hanno concentrato i loro sforzi verso il raggiungimento di obiettivi legati all’apparenza estetica, spesso tramite comportamenti non salutari2. Questo fenomeno è rafforzato dalla maggiore quantità di tempo che i giovani trascorrono sui social networks, principali promotori di canoni estetici difficilmente raggiungibili e spesso irrealistici, che causano problemi di insoddisfazione con la propria apparenza, specialmente per le giovani ragazze3.

In Europa, per molte famiglie è aumentato il rischio di povertà legato alla perdita del lavoro, che spesso risulta in una minore possibilità di accesso a materie prime di qualità e in una nutrizione scorretta. I sintomi depressivi e d’ansia degli studenti sono in aumento in molti paesi: in Italia, oltre all’incertezza data dall’emergenza sanitaria in corso, le cause principali sono le condizioni abitative di molti adolescenti, spesso prive di spazi idonei per la didattica a distanza, e l’impossibilità di praticare attività motoria, fondamentale per una migliore salute mentale. I sintomi più riportati sono irritabilità, disturbi del sonno e segni di regressione nei bambini di età inferiore ai 6 anni. Infine, molti studenti dichiarano di avere problemi legati a capacità di studiare, stanchezza, preoccupazione e solitudine. A fronte di questi dati, risulta quindi fondamentale trovare un equilibrio tra la salute pubblica e la salute fisica e mentale degli studenti.

La risposta della Fondazione: l’iniziativa “Educazione a una longevità sana”

Fondazione Valter Longo ONLUS ha individuato una rinnovata necessità di supporto agli studenti nell’ambito italiano. Infatti, le conseguenze dalla pandemia vanno affrontate tempestivamente e con un’azione decisa, per evitare che i suoi effetti compromettano la salute dei ragazzi nel lungo termine. Mantenendo quando possibile i progetti già attivi in ambito scolastico, quali la formazione offerta a docenti e famiglie e i servizi di consulenza per la ristorazione scolastica, la Fondazione è intervenuta reinventando il formato dei seminari in presenza nelle classi utilizzato in passato. È stata dunque inaugurata una prima serie di webinar offerti gratuitamente a docenti, studenti, e famiglie: “Edugevity – Educazione, longevità e salute a scuola” per l’anno scolastico 2020-21, volta a offrire un supporto all’universo scolastico in un periodo critico che ha comportato l’interruzione della consueta attività in presenza.

Nell’ottobre 2020 la Fondazione ha dato vita al primo webinar “SCHOOLGEVITY – La salute e la longevità a scuola”, offrendo una panoramica sull’evoluzione del contagio Covid-19 in Italia e norme igienico-sanitarie fondamentali per prevenire la diffusione del virus, oltre a regole di base per rafforzare il sistema immunitario attraverso l’alimentazione. Il secondo appuntamento “BENE! – benessere, Educazione, Nutrizione Esercizio fisico a scuola” ha visto come protagonisti gli studenti, in quanto è stata analizzata la loro giornata tipo e sono stati forniti consigli riguardo come stare bene sia tramite una bilanciata alimentazione ed esercizio fisico con la realizzazione di una pratica quotidiana online presente sul canale Youtube della Fondazione. L’incontro “LONGEVITY CHEF – Come mangiare bene a scuola e a casa per proteggersi” è stato volto a fornire indicazioni altamente pratiche riguardo quali prodotti preferire per preparare una merenda e pranzo sani e gustosi, oltre a una ricetta per un pranzo sano e longevo realizzata dagli studenti dell’Istituto Alberghiero Beccari di Torino

Vista la risposta positiva ai webinar del progetto Edugevity, a marzo 2021 la Fondazione ha lanciato una nuova serie di incontri per il 2021-2022, intitolata “ONE Obesità, Nutrizione, Esercizio Fisico”, focalizzata sulle tematiche di obesità e sovrappeso, disturbi del comportamento alimentare, nutrizione ed esercizio fisico. I primi due incontri, “La salute prima di tutto Ragazzi, sovrappeso e obesità” e “I Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)”, sono stati anticipati a Marzo 2021, in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità e della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla dedicata ai disturbi alimentari. Tali ricorrenze sono infatti diventate il punto di partenza per un dibattito costruttivo su questi temi, che hanno toccato un numero sempre maggiore di ragazzi durante la pandemia.

Tutti i webinar sono stati ideati appositamente per favorire il coinvolgimento delle classi, grazie a una modalità interattiva che ha promosso la partecipazione degli studenti e dei docenti e alla presenza di numerosi ospiti altamente preparati, tra cui medici, nutrizionisti, psicologi ed esperti di esercizio fisico, per offrire punti di riferimento autorevoli ed altamente affidabili.

Tra questi vi sono: la Dottoressa Romina Cervigni, Responsabile Scientifico della Fondazione, e il suo team di medici e nutrizionisti; il Professor Matteo Bassetti, Direttore Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e Presidente della Società Italiana di Terapia Antiinfettiva; la Dottoressa Annalisa Arrighi osteopata, PhD in scienze biomediche delle attività motorie e collaboratrice dell’Ospedale Pediatrico Gaslini e Ospedale San Martino di Genova; la Dottoressa Claudia Romeo, medico specialista in pediatria; Claudia Paltrinieri, presidente dell’associazione Foodinsider -Osservatorio Mense Scolastiche; Elena Uberti Psicologa-psicoterapeuta e psicologa dello Sport per diverse Federazioni e centri Olimpici; Giulia Gandino psicologa specializzata in benessere ed Alessia Saini psicologa con un interesse per i Disturbi del comportamento alimentare, entrambe esperte di  MIndful Eating; il Dottor Marcello Morale, Psicologo e Psicoterapeuta esperto nel trattamento dei Disturbi del comportamento alimentare.

Risultati ottenuti e prossimi passi

I webinar organizzati dalla Fondazione sono stati accolti con crescente entusiasmo e con un’adesione sempre maggiore da parte degli studenti e dei docenti dei licei e istituti tecnici in tutta Italia: i webinar del progetto Edugevity hanno coinvolto circa 1700 ragazzi in totale, mentre i primi due appuntamenti della serie ONE hanno permesso rispettivamente a 600 e 1100 studenti e docenti di discutere i temi di obesità e sovrappeso e dei disturbi del comportamento alimentare. Se il primo webinar nell’ottobre 2020 ha accolto 110 studenti, l’attenzione e l’interesse sono cresciuti in maniera esponenziale nel corso dell’anno scolastico giungendo a una presenza di 1400 studenti e docenti all’ultimo webinar, Longevity Chef, del maggio 2021. Questi dati sono da intendersi come indicativi della crescente necessità di un supporto riguardo gli argomenti trattati da parte dei ragazzi, docenti e famiglie, tanto che la Fondazione riceve costantemente richieste di collaborazione da parte dell’universo scolastico a cui si impegna ad offrire sostegno.

 

Gli incontri hanno fornito ai ragazzi, ai docenti e alle famiglie un quadro della situazione italiana e globale in termini delle sfide affrontate in ambito scolastico durante la pandemia e del rapporto dei giovani con le scelte alimentari. I ragazzi sono diventati dei veri e propri “attivisti della salute”, acquisendo consapevolezza di quanto i loro comportamenti nella vita di tutti i giorni, dalla scelta dei prodotti al supermercato alla messa in pratica di semplici esercizi fisici, possano fare la differenza per la loro salute e longevità.

 

La Fondazione continuerà a favorire uno stile di vita sano all’interno dell’universo scolastico con i nuovi appuntamenti del progetto ONE. Al rientro dalle vacanze estive, i ragazzi assisteranno al webinar “Il cibo, un nostro alleato”, in cui riceveranno consigli su come vivere meglio, con più energie e prevenire malattie e obesità tramite scelte alimentari consapevoli. La Fondazione accompagnerà gli studenti nei mesi successivi con due incontri alla scoperta dello sport quale strumento per rafforzarsi e proteggersi attraverso la sessione “Esercizio fisico – Lo scudo magico” e del legame tra alimentazione e salute mentale con il webinar “Nei meandri della mente – Mens sana in corpore sano”. Infine, “ONE – Back to school with New Year’s Resolutions” permetterà a ragazzi e docenti di riunirsi ancora una volta a gennaio 2022, per tirare le somme dell’anno precedente e mettere a punto una strategia della longevità da implementare nel nuovo anno, alla luce degli insegnamenti derivanti dal lavoro precedente. I ragazzi saranno anche chiamati a diventare “portavoce” della salute e sostenibilità nelle loro comunità e a mettersi in gioco con nuovi concorsi, che permetteranno di vincere dei premi mettendo in pratica le lezioni apprese e dimostrando curiosità e creatività.

 

La Fondazione augura a tutti i ragazzi, docenti e famiglie di trascorrere un’estate serena, auspicando che anche nei mesi estivi i più giovani continuino ad adottare uno stile di vita corretto e si impegnino a diffondere nelle loro comunità abitudini volte a migliorare la salute e la longevità. Vi ringraziamo per l’interesse e l’entusiasmo dimostrato e vi aspettiamo a settembre con tante nuove iniziative!

 

 

Articolo a cura di Cristina Villa, Giulia Carra, Anita Ciarlo e Ilaria Giabbani

 

Note 

1Dr Accurso, Direttore Clinico del programma per i disturbi alimentari presso the University of California, San Francisco.

2 Dr Kelly Bhatnagar, Psicologa e Co-fondatrice del Center for Emotional Wellness in Beachwood, Ohio.

3 Dr Austin, Professore presso la T.H. Chan School of Public Health e ricercatore presso la Division of Adolescent and Young Adult Medicine at Boston Children’s Hospital.

Fonti

1) Damour, Lisa. “Eating Disorders in Teens have ‘Exploded’ in the Pandemic”. The New York Times. 28 aprile 2021.

2) Fornili et al. “Psychological distress in the academic population and its association with socio-demographic and lifestyle characteristics during COVID-19 pandemic lockdown: Results from a large multicenter Italian study”. Università di Pisa. 10 marzo 2021.

3) “Growing up in lockdown: Europe’s children in the age of COVID-19”. 2020 Eurochild Semester Report.

4) “In Italia circa 34 mila studenti delle superiori rischiano di abbandonare la scuola”. VITA. 05 gennaio 2021.

5) Longo, Rita. “Effetti della pandemia di COVID-19 sulla salute mentale dei bambini e degli adolescenti”. Dors – Centro Regionale di Documentazione per la Promozione della Salute. 20 febbraio 2021.

6) “Scuola e Covid: per il 28% degli adolescenti un compagno di classe ha smesso di frequentare la scuola”. Save the Children. 05 gennaio 2021.

I PESTICIDI NEL CIBO AUMENTANO IL RISCHIO DI CANCRO AL FEGATO

PESTICIDI E CANCRO AL FEGATO

La mortalità per cancro al fegato è al secondo posto al mondo, dopo i decessi per tumore al polmone. Dalla metà degli anni ’80 a oggi i decessi per carcinoma epatocellulare sono addirittura raddoppiati. Lo rivela il report dell’American Cancer Society, pubblicato sulla rivista scientifica A Cancer Journal of Clinician (aprile 2017). Le cause di questo aumento sono svariate, tra cui elevati tassi di infezione da epatite C, aumento del consumo di alcol, incremento di obesità, nonché assistenza sanitaria carente. Quello che, però, non viene esposto in questo report è l’associazione, ormai largamente dimostrata, tra incidenza di tumore al fegato e uso di pesticidi ed erbicidi in agricoltura, nonché presenti nel cibo.

 

NECESSARIO INDIVIDUARE QUALI SIANO I LIVELLI PERICOLOSI

Il legame tra esposizione ai pesticidi e sviluppo di cancro al fegato, invece, è stato preso in esame in un’ampia meta-analisi di 16 studi scientifici differenti che ha visto il coinvolgimento di ben 480mila partecipanti (arruolati in Europa, Asia e Stati Uniti). L’analisi dei dati ha rilevato che l’esposizione ai pesticidi aumenta il rischio di sviluppare il tumore al fegato fino al 71%.

 

Mentre le altre cause di cancro al fegato (epatite C e alcolismo in particolare) sono ben documentate dalla ricerca scientifica, rimane importante riconoscere il ruolo dei pesticidi nello sviluppo di questo tipo di tumore. Negli studi inclusi nella meta-analisi, però, non è stato possibile determinare esattamente quali siano i pesticidi responsabili dell’aumento di sviluppo di cancro al fegato, né tantomeno quali debbano essere i livelli limite per ridurne l’incidenza.

 

L’USO DI PESTICIDI È LEGATO ALLA COMPARSA DI DIVERSE MALATTIE

Al momento è documentato che l’impiego di pesticidi e messo in relazione con lo sviluppo di diverse malattie croniche. A partire da altre tipologie di cancro (oltre quello al fegato): tumore a pancreas, vescica, prostata, cervello, ossa e leucemia. Patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson, dovuti entrambe a esposizione da pesticidi e organofosfati il secondo. Asma, soprattutto in caso di esposizione diretta ai pesticidi. Disfunzioni del sistema endocrino, con alterazioni ormonali, problematiche riproduttive e anomalie nello sviluppo. Problemi di fertilità sia nell’uomo sia nella donna. Difetti della nascita (come per esempio malformazioni congenite) e problemi di sviluppo (che coinvolgono organi e cervello, fino a determinare autismo), questo soprattutto nelle comunità agricole rurali dove si fa uso di pesticidi.

 

In ogni caso, l’indicazione degli esperti è di ridurre il più possibile alimenti industriali e prodotti provenienti dall’agricoltura industrializzata, prediligendo materie prime, frutta e verdura da produttori locali, di origine biologica, non trattati e privi di pesticidi.

FONTI

  • Report looks at liver cancer, fastest-growing cause of cancer deaths in US – Significant disparities persist despite availability of effective interventions – American Cancer Society
  • Farhad Islami et al. – Disparities in liver cancer occurrence in the United States by race/ethnicity and stateCA: A Cancer Journal for Clinicians (June, 2017)