Un recente studio svolto nel 2020 e pubblicato sul The American Journal of Clinical Nutrition ha indagato se una dieta antinfiammatoria possa ridurre l’attività della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da artrite reumatoide.
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia autoimmune cronica caratterizzata da infiammazione sinoviale (un’infiammazione acuta o cronica del tessuto del tendine) e spesso seguita da erosione della cartilagine e dell’osso1. I pazienti con AR soffrono di una ridotta capacità funzionale, dolore e rigidità che spesso portano a una compromissione della qualità della vita.
In questo studio crossover in singolo cieco, ossia uno studio in cui il soggetto viene esposto in tempi diversi, a uno o più trattamenti diversi, secondo una sequenza casuale e senza essere a conoscenza della tipologia del trattamento, sono stati arruolati 50 pazienti svedesi con AR ai quali è stata assegnata, in modo causale, una dieta di intervento antinfiammatoria che presentava alimenti non infiammatori oppure una dieta simile a quella svedese per 10 settimane.
La dieta d’intervento è stata fornita dallo studio e formulata in base all’’assunzione dietetica media negli uomini e nelle donne di età compresa tra 45 e 64 anni in Svezia (17% di proteine, 34% di grassi totali, 13% di SFA e 43% di carboidrati).
Il ceppo probiotico utilizzato conteneva Lactobacillus plantarum 299, noto per le sue proprietà antinfiammatorie sistemiche e regolatore della risposta immunitaria, è stato fornito ai partecipanti 5 g/settimana.
Per i pasti non forniti dallo studio, i partecipanti sono stati istruiti nel limitare l’assunzione di carne a meno o massimo 3 volte alla settimana, a mangiare meno o al massimo 5 porzioni di frutta al giorno, bacche e verdure (comprese quelle fornite), a usare olio o margarina per cucinare e scegliere latticini a basso contenuto di grassi e cereali integrali.
La dieta di controllo seguita dall’altro gruppo, fornita dallo studio, conteneva quotidianamente:
Oltre a ciò, ai partecipanti è stato anche chiesto di consumare ≤5 porzioni/giorno di frutta, bacche e verdure; frutti di mare ≤1 volta/settimana; usare il burro per cucinare; latticini ad alto contenuto di grassi ed evitare prodotti con probiotici.
Dopo un periodo di intervallo dal trattamento dietetico di 4 mesi, i partecipanti hanno cambiato dieta, cioè chi ha seguito la dieta antinfiammatoria ha iniziato a seguire la dieta di controllo e viceversa.
L’obiettivo primario di questo studio era valutare l’attività della malattia, quello secondario era quello di valutare eventuali miglioramenti nelle articolazioni dolenti e gonfie, nello stato di salute generale e della proteina C-reattiva (indice di infiammazione che si rileva con gli esami del sangue).
RISULTATI
Durante il periodo in cui pazienti hanno seguito la dieta antinfiammatoria, c’è stato un significativo miglioramento dell’attività della malattia dopo l’intervento rispetto ai pazienti che hanno seguito la dieta di controllo, non ci sono stati dei miglioramenti statisticamente significativi nei dolori articolari, nel gonfiore, ecc. nonostante, alcuni pazienti, avessero riportato un miglioramento.
In conclusione, questo studio ha dimostrato effetti positivi di una dieta antinfiammatoria sull’attività della malattia. Sono comunque necessari ulteriori studi per determinare se questa tipologia di dieta possa condurre a miglioramenti clinicamente rilevanti2.
FONTI