I lockdown e la situazione straordinaria della pandemia hanno favorito l’impennata del tasso di sovrappeso e obesità a livello globale: i rigidi regimi sanitari, le misure di distanziamento sociale e la quarantena obbligata hanno determinato un’elevata prevalenza di disagio psicologico, manifestato più frequentemente da umore basso, irritabilità e disturbi emotivi. La riscoperta forzata dell’habitat domestico ha portato a modificare le abitudini alimentari e l’attitudine a fare sport1.
La World Obesity Federation ha pubblicato il rapporto “COVID-19 and Obesity” per il 2021 in cui, attraverso una dettagliata analisi di dati, si mostra come l’eccesso di peso, e l’obesità in particolare, sia allo stesso tempo un fattore predittivo altamente significativo dello sviluppo di complicanze da COVID-19, inclusa la necessità di ricovero, di terapia intensiva e di ventilazione meccanica2.
È stato osservato, infatti, che il rischio di ricovero in terapia intensiva aumenta all’aumentare dell’Indice di Massa Corporea o BMI (un indice dato dal rapporto tra il peso e l’altezza che è comunemente usato per classificare sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesità), suggerendoci quindi che le persone in sovrappeso e obese si ammalano in forma più grave rispetto ai normopeso.
I pazienti obesi, infatti, partono già con difficoltà respiratorie, dato che il grasso a livello toracico e addominale va a comprimere i polmoni, riducendo la capacità di riempirli d’aria. In generale, i pazienti obesi hanno anche una maggiore necessità di ossigeno, poiché il loro organismo ha un’estensione maggiore e ne richiede di più.
Questi pazienti, quindi, partono già con un rischio più elevato di ammalarsi di infezioni respiratorie, rispetto ai pazienti normopeso. Infatti circa il 13% dei soggetti obesi sviluppa patologie come bronchite cronica, asma, enfisema o insufficienza respiratoria3.
L’obesità, infine, si dimostra anche un fattore che aumenta il rischio di morte per COVID-192.
Con l’avvento dei vaccini, l’obesità è stata perciò inserita come categoria prioritaria per la vaccinazione classificando tali soggetti come “estremamente vulnerabili”.
Una ricerca pubblicata su Obesity, rivista ufficiale della Società Americana dell’obesità, ha valutato la risposta anticorporale al vaccino anti COVID-19 a mRNA: dopo la prima e la seconda dose del vaccino, in particolare a 3 mesi da questa, sono state confrontate le risposte anticorpali degli individui affetti da obesità addominale con quelle di coloro che presentavano una normale distribuzione del tessuto adiposo.
Si è osservato che, tra il 1°e il 3° mese dopo la seconda dose di vaccino, il calo dei livelli di anticorpi era significativamente più marcato negli individui affetti da obesità rispetto a coloro che presentavano una normale distribuzione del tessuto adiposo4.
Alla luce di tutte queste considerazioni, le persone affette da obesità dovrebbero prestare ancora più attenzione e attenersi strettamente alle misure di prevenzione emanate dal Governo, ma è altresì fondamentale apportare modifiche allo stile di vita per ridurre l’eccesso di grasso, riportando gradualmente il proprio peso nella norma. Può essere utile quindi consultare le linee guida nutrizionali elaborate dalla Fondazione Valter Longo Onlus sulle norme igieniche e indicazioni alimentari per nutrirsi con consapevolezza in modo da sostenere il sistema immunitario attraverso l’attività fisica (svolta in base al proprio stato di salute), ma soprattutto migliorando l’alimentazione.