Un gruppo di ricercatori psicologi dell’Università della California a Riverside ha identificato tre fattori determinanti per la cosiddetta “memoria di lavoro”: età, sonno e umore. In particolare, riposare bene e tenere un tono dell’umore elevato, influisce positivamente su questa parte di memoria direttamente collegata alle nostre performance cognitive. Lo studio è stato pubblicato su Journal of the International Neuropsychological Society (luglio 2019). Vediamone i dettagli per comprendere il nesso tra i vari fattori.
COS’È LA MEMORIA DI LAVORO
La “memoria di lavoro” è quella parte della memoria a breve termine, che trattiene le informazioni in modo temporaneo, per poi gestirle per svolgere le attività cognitive. Questo tipo di memoria è anche legata all’apprendimento e alla capacità di ragionare, per cui ci guida nelle azioni che svolgiamo ogni girono come una sorta di navigatore. La memoria di lavoro mette in collegamento azioni, percezione e memoria a lungo termine, permettendoci così di eseguire diversi compiti nel nostro quotidiano.
Inoltre, questo tipo di memoria è fondamentale – oltre che per la comprensione e il ragionamento – anche per intelletto, linguaggio, capacità di pianificare azioni e risolvere un problema in modo creativo. Per analizzare la correlazione tra memoria di lavoro versus età, sonno e umore, i ricercatori hanno scorporato questi tre fattori, analizzandone i ruoli differenti e quantificandone gli effetti.
DUE STUDI A CONFRONTO
La ricerca scientifica, in passato, si era già occupata di analizzare le conseguenze che i tre fattori – età, sonno e umore – separatamente hanno sulla memoria. In questo nuovo studio, gli psicologi americani hanno voluto isolare statisticamente gli effetti dei singoli fattori considerati, messi in relazione con qualità e quantità della memoria di lavoro, ovvero quella che viene definita “capacità di memorizzazione”.
Nello specifico, sono stati condotti due studi separatamente. Nel primo sono stati presi in considerazione il ruolo del sonno e il tono dell’umore, su un gruppo di 110 studenti universitari. Nel secondo studio, invece, è stato analizzato il fattore età in un gruppo di 31 individui, dai 21 ai 77 anni. In entrambi i casi, i partecipanti sono stati sottoposti a test di valutazione delle performance cognitive legate alla memoria di lavoro.
QUALITÀ E QUANTITÀ DELLA MEMORIA MESSE A CONFRONTO
Dai risultati dei due studi messi a confronto emerge che i tre fattori analizzati (età, sonno e umore) hanno un ruolo differente sulla memoria di lavoro. In particolare, sonno e umore possono avere effetti quantitativi. Ovvero, se non ci si riposa abbastanza e, allo stesso modo, si soffre di umore depresso, diminuisce la quantità delle informazioni conservate e si riduce la probabilità di ricordare nel dettaglio un evento passato. Inoltre, insonnia e umore basso, anche singolarmente, peggiorano la memoria di lavoro. L’età, invece, influisce sulla qualità della memoria, vale a dire che i ricordi (emozioni, immagini etc.) appaiono sfocati e poco nitidi, come in una vecchia foto scolorita dal tempo.
I vari fattori, poi, sono anche collegati tra loro. Se si dorme poco e male si abbassa il tono dell’umore, come pure l’avanzare dell’età può essere messa in relazione a stati d’animo depressi. Inoltre, questo studio è un’ulteriore conferma dello stretto legame tra riposo e memoria. Infine, questa nuova indagine mette in luce come sonno e umore agiscono sulla memoria in modo indipendente l’uno dall’altro.
>>> Per ulteriori approfondimenti scientifici, legati a un corretto stile di vita e a sane abitudini alimentari, visitate il sito della FONDAZIONE VALTER LONGO, dove trovate anche diverse pubblicazioni di studi clinici.
FONTI